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Il lavoro minorile è un reato. Proprio per questo motivo è importante sapere a che età è consentito assumere un minore. L’accesso ad un’occupazione per un giovanissimo è tutelato dalla legge con norme precise che fanno riferimento alla salute, alla formazione e all’istruzione.

L’accesso al lavoro minorile, nel nostro Paese, è regolato da precise normative. In Italia, infatti, l’età minima per l’accesso al lavoro è di 16 anni (art. 2, c. 2, c.c. e art. 1, c. 622, L. 296/2006). Tuttavia, è bene precisare che esistono delle eccezione fondamentali da conoscere per evitare ad ogni modo di cadere nel reato.

Lavoro minorile: quando non è reato

Secondo quanto previsto dalla legge italiana, gli adolescenti di 15 anni possono stipulare un contratto di apprendistato che si può trasformare in normale assunzione al compimento dei 16 anni. I minori fino a 15 anni, infatti, sono soggetti all’obbligo scolastico e questo è un elemento fondamentale da tenere in considerazione. Tuttavia, gli stessi minori (di 15 anni) possono essere assunti in alcuni settori relativi allo spettacolo e svolgere lavori di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario. In questi casi si prevede, imprescindibilmente, l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro e il percorso di assunzione deve prevedere visite mediche per garantire l’idoneità del minore.

Sono esclusi dalla disciplina in esame, infine, i lavori svolti per breve periodo o occasionale nell’ambito di attività a conduzione familiare, purché non si tratti di lavori nocivi, pregiudizievoli o pericolosi. Fatte queste premesse, all’assolvimento dell’obbligo scolastico (compimento dei 16 anni), previsto dall’art. 3 L. 977/67; art. 1, c. 622, L. 296/2006, i minori possono iniziare a lavorare. Il percorso di istruzione obbligatoria deve essere però completato dunque: 5 anni di scuola primaria (dai 6 agli 11 anni di età), 3 anni di scuola secondaria di primo grado (fino a 14 anni di età), un anno di scuola secondaria di secondo grado (liceo o istituto superiore) e un di apprendistato (fino a 15 anni di età). A firmare il contratto saranno i genitori o i tutori, poiché al minorenne non è ancora riconosciuta la capacità di agire.

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Le limitazioni al lavoro di dipendenti minori

Esistono però dei limiti anche al lavoro minorile autorizzato. Infatti, per tutelare la loro salute non possono, ad esempio, svolgere lavori che li espongono ad agenti chimici, fisici e biologici o che sono considerati pericolosi (art. 6, legge 977/1967). Inoltre, anche per tutelare il loro diritto all’istruzione e la loro privacy non possono lavorare di notte, ad eccezione di alcune attività specifiche come quelle di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e dello spettacolo (artt. 15 e ss., legge 977/1967).

Quando un contratto per lavoro minorile viene stipulato prima dell’età regolamentata il contratto è considerato nullo, ma il minore mantiene il diritto al pagamento dell’attività svolta. Per un minore la durata massima dell’orario di lavoro non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 settimanali. I quindicenni (ancora soggetti all’obbligo scolastico) possono effettuare un orario che non supera le 7 ore giornaliere e le 35 settimanali. Per quanto riguarda il riposo deve rientrare nell’arco temporale di almeno 12 ore consecutive. Inoltre, la prestazione lavorativa di un minore non può protrarsi senza interruzione per più di 4 ore e mezza. Trascorse queste ore i minori hanno diritto ad una pausa intermedia di un’ora che può scendere a mezz’ora nel caso di contratto collettivo. Infine, il lavoratore minorenne ha diritto, a parità di lavoro, alla stessa retribuzione del lavoratore adulto. Ovviamente tenendo conto delle rispettive competenze e dell’inquadramento.

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