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La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 28878 del 2018, ha “respinto il ricorso contro il licenziamento del dipendente che aveva pubblicato su Facebook immagini e commenti offensivi nei confronti dell’azienda” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 13.11.2018).

Vediamo insieme i fatti di causa.

Con sentenza del 25 maggio 2017, la Corte d’Appello di Torino, in sede di reclamo ex art. 1, comma 54, L.n. 92/2012, confermava la decisione resa dal Tribunale di Alessandria e rigettava la domanda proposta da … nei confronti di … S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per aver pubblicato sul social network Facebook, a far data dal … immagini e commenti offensivi nei confronti della società datrice e dei suoi responsabili.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provate, a prescindere dal carattere anonimo della denuncia, le circostanze su cui è fondata la tesi della riferibilità al … dei comportamenti contestati, ovvero l’aver la persona in concreto presentatasi  presso gli uffici … segnalato e consentito di verificare la presenza sul profilo Facebook del … cui aveva accesso in quanto “amico”, la presenza delle immagini e dei commenti poi contestati, legittime, ai sensi dell’art. 8, L.n. 300/1970, in quanto volte ad accertare non le opinioni bensì gli atteggiamenti rilevanti ai fini della verifica dell’attitudine professionale, sussistenza la potenzialità diffusiva del materiale postato e congrua la reazione aziendale in relazione alla disciplina collettiva invocata ed all’idoneità lesiva del vincolo fiduciario tra le parti da riconnettersi alla condotta da qualificarsi dolosa del lavoratore.

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Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, ma la Corte Suprema lo ha rigettato con il principio di diritto sopra enunciato e con condanna altresì al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 200 per esborsi ed euro 4000 per compensi, oltre 15% spese generali.

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