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La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 14216 del 2018, ha stabilito che il datore di lavoro, in questo caso un artigiano, è responsabile del fatto illecito commesso dall’ apprendista (omicidio), a meno che non provi l’impossibilità di evitarlo.

Vediamo insieme i fatti di causa, con l’articolo pubblicato oggi (5.6.2018) dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore (Firma: F. Machina Grifeo; Titolo: “L’artigiano paga per l’omicidio commesso dall’apprendista”) che di seguito riportiamo.

Chi insegna un arte od un mestiere – nel caso quello di barbiere – è responsabile del fatto illecito compiuto dall’apprendista, a meno che non provi l’impossibilità di evitarlo. Con questa motivazione la Corte di cassazione, sentenza n. 14216 del 4 giugno 2018 , ha accolto la domanda di manleva, nei confronti del titolare della barberia, da parte dei genitori di un ragazzo di 15 anni, della provincia di Napoli, reo di aver ucciso per futili motivi (il presunto furto di sigarette) un altro giovane apprendista del negozio mentre il proprietario era assente. Secondo la coppia dei genitori, condannata dal Tribunale per “culpa in educando”, la responsabilità del barbiere per “culpa in vigilando” doveva ritenersi presunta ex articolo 2048 del codice civile*. La Cassazione ha accolto il motivo di ricorso affermando che il giudice di primo grado aveva accertato che al momento dell’omicidio, avvenuto all’interno del negozio di barberia, il titolare non era presente. Dunque, aveva errato la corte di merito a scagionarlo perché “arrivato solo dieci minuti dopo i fatti”. Fra gli obblighi fondamentali dell’imprenditore o artigiano che assume un apprendista, vi è infatti quello della “presenza”.
In conclusione, afferma la Cassazione, «per liberarsi dalla presunzione di cui all’art. 2048 c.c.* il precettore o maestro d’arte deve provare che né lui, né alcun altro precettore “diligente” ai sensi dell’art. 1176, comma secondo c.c.**, nella medesima situazione, avrebbe potuto evitare il danno». Del resto, prosegue, «il precettore medio non avrebbe mai lasciato solo un apprendista minorenne». Il Tribunale dunque, conclude la decisione, «non ha applicato la presunzione di cui all’art. 2048 c.c.* in un caso in cui non solo la prova liberatoria era mancata, ma anzi esso stesso aveva accertato in concreto che il precettore tenne una condotta non conforme al canone della diligenza». Per cui la decisione è stata cassata ed affermato il principio di diritto secondo cui: «il precettore od il maestro d’arte, per liberarsi dalla presunzione di colpa posta a loro carico dall’articolo 2048*, hanno l’onere di provare che né loro, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell’articolo 1176, comma secondo, c.c.**, avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno».

*Articolo 2048 Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte

Il padre e la madre , o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante.

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I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto. (1)

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(1) Ai sensi dall’art. 1, comma 11, L. 10.11.2012, n. 219 con decorrenza dal 01.01.2013, nel Codice Civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parole “figli”.

**Articolo 1176  Diligenza nell’adempimento

Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

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