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Istituti ecclesiastici, le controversie di lavoro al giudice italiano:

Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 21541 del 2017, hanno stabilito che le controversie di lavoro con gli enti ed istituti ecclesiastici di istruzione ed educazione presenti nel nostro territorio dovranno essere decise dal magistrato italiano.

E a chiarirci la questione affrontata dalle Sezioni Unite sulle cause di lavoro riguardanti enti ed istituti scolastici è anche l’argomento trattato dall’articolo pubblicato oggi (19.9.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Giampiero Falasca; Titolo: “Liti con enti ecclesiastici, decide il giudice italiano”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Le controversie di lavoro con gli istituti ecclesiastici di educazione e istruzione della Chiesa cattolica che operano sul nostro territorio rientrano nella giurisdizione dello Stato italiano, sia perché tali soggetti non hanno la qualifica di “enti centrali”, per i quali vale il principio di non ingerenza fissato dai trattati internazionali vigenti, sia perché in ogni caso tale principio non si estende agli atti meramente gestori, nozione che include la costituzione e l’interruzione di un rapporto di lavoro.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenza n. 21541/17, depositata ieri) definiscono i confini entro cui si estende la giurisdizione italiana per le controversie di lavoro promosse contro enti ecclesiastici operanti sul territorio nazionale.

La vicenda da cui trae spunto la sentenza riguarda il licenziamento comminato dalla Pontificia Università Lateranense nei confronti di un proprio dipendente, che ha chiesto la reintegra sul posto di lavoro.

Secondo la Cassazione, l’articolo 11 del Trattato Lateranense del 1929, che esprime il principio di non ingerenza dello Stato italiano, va inteso come un generale divieto di esercitare, nei confronti di alcuni enti – quelli definiti come «enti centrali della Chiesa Cattolica ubicati sul territorio italiano» – qualsiasi funzione pubblica autoritativa che sia tale da impedire od ostacolare l’esercizio delle funzioni di governo proprie di tali enti; tra queste funzioni rientra anche l’esercizio della giurisdizione.

La nozione di “enti centrali”, osserva la Corte, va riferita solo agli enti che partecipano in modo strettamente funzionale al governo della Chiesa cattolica, anche se sono ubicati fuori dalla Città del Vaticano; le università gestite dalla chiesa non rientrano in questa nozione e, come tali, non possono beneficare del divieto di ingerenza.

Questi enti, inoltre, non possono invocare l’extraterritorialità, in quanto godono solo di alcune immunità – cosiddette reali – che non si risolvono un una extraterritorialità in senso stretto, ma offrono solo alcune tutele di natura reale.

Peraltro, osserva la Cassazione, anche a prescindere dalla natura centrale di tali soggetti, tutti gli atti di mera gestione compiuti sul territorio nazionale, anche dagli enti centrali, rientrano nella giurisdizione del giudice italiano, in quanto il divieto di ingerenza riguarda solo gli atti sovrani di governo dell’organizzazione della Chiesa.

In applicazione di questi principi, le Sezioni Unite ritengono che possa essere chiesta la reintegrazione sul posto di lavoro di un dipendente dell’Università Pontificia, la cui sede si trova sul territorio italiano.

 

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