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Licenziamento legittimo se per conservare la competitività:

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25201 del 2016, ha considerato legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel caso in cui sia finalizzato a salvaguardare la competitività dell’azienda nell’ambito del settore nel quale questa svolga l’attività di impresa.

E di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per la salvaguardia della competitività aziendale ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (9.12.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Recesso per competitività” che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

La legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non è condizionata dalla necessità di fronteggiare un andamento economico negativo o di rientrare da spese notevoli di carattere straordinario, potendo il riassetto aziendale essere stato legittimamente determinato dall’obiettivo di salvaguardare la competitività nel settore in cui l’impresa opera.

In questo contesto, prosegue la Corte di cassazione con sentenza n. 25201 del 7 dicembre 2016, risulta legittimo il recesso datoriale giustificato con l’esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando, senza che alla base del provvedimento vi debba essere una congiuntura sfavorevole e non meramente contingente, tale da influenzare negativamente la normale attività produttiva. Il caso giudicato era relativo al licenziamento del direttore operativo di un’impresa, che aveva effettivamente soppresso la posizione per eliminare un anello della catena di comando e di assicurarsi, quindi, una gestione aziendale più snella. In appello il licenziamento era stato ritenuto illegittimo, in quanto era onere del datore di lavoro fornire la dimostrazione che il riassetto produttivo era stato perseguito con lo scopo di fronteggiare una situazione sfavorevole e non meramente contingente o, in alternativa, per sostenere notevoli spese di carattere straordinario.

La Cassazione afferma invece che la preesistenza di una crisi economico-finanziaria o di un altro dato fortemente negativo, tale da condizionare la prosecuzione dell’attività aziendale, non costituisce una precondizione a cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo debba essere ancorato.

La Corte ricorda precedenti pronunce che sposano l’indirizzo per cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere giustificato dalla necessità di fronteggiare situazioni sfavorevoli, ma dà tuttavia atto anche di un secondo orientamento, secondo cui le ragioni produttive ex articolo 3 della legge 604/66 alla base del licenziamento presuppongono una riorganizzazione o una ristrutturazione aziendale, ma non sono strettamente collegate ad una finalità che sia diretta a limitare gli effetti di una crisi economico-finanziaria.

La Cassazione sposa quest’ultimo indirizzo ed evidenzia che le ragioni inerenti all’attività produttiva o all’organizzazione del lavoro possono essere le più disparate, senza che le si possa ridurre a quelle che presuppongono la necessità di fronteggiare situazioni sfavorevoli. Un’interpretazione di segno contrario, aggiungono i giudici di legittimità, si pone in contrasto con il precetto costituzionale che tutela l’iniziativa economica e la libertà di impresa, la cui autonomia finisce per essere irrimediabilmente compressa nel caso in cui la decisione datoriale di ridurre l’organico debba sottostare alla preesistenza di una crisi aziendale o a una condizione sfavorevole di mercato.

 

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