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Criteri di scelta dei lavoratori in mobilità:

Secondo la Cassazione i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità sono essenziali al fine di consentire una gestione corretta della procedura di riduzione del personale (Cass. sentenza n. 23609 del 2015).

È questo l’argomento trattato da un articolo pubblicato oggi (19.11.2015) sul Sole 24 Ore (Firma: Giuseppe Bulgarini d’Elci; Titolo: “Mobilità, criteri di scelta intangibili”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

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Con la sentenza 23609/15, pronunciandosi in un caso di impugnazione di licenziamento collettivo, la Cassazione ha ribadito il principio per cui le modalità di effettiva applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità risultano essenziali e decisive onde permettere una corretta gestione della procedura di riduzione del personale.

Rimarca la Corte che è nella fase di applicazione dei criteri di scelta che si realizza il momento unico di tutela dei lavoratori, dove agli stessi è consentita, anche attraverso il controllo delle organizzazioni sindacali, una verifica sull’adempimento datoriale dei principi generali di correttezza e buona fede nella gestione della procedura di informazione e consultazione sindacale. Si legge in sentenza che, mentre la decisione datoriale di ridurre la forza lavoro costituisce frutto di una valutazione discrezionale e, come tale, è insindacabile nel merito, le limitazioni approntate dalla legge attengono alla fase d’individuazione dei soggetti coinvolti, ovvero all’applicazione dei criteri di scelta enunciati in sede di apertura della procedura di mobilità.

Per tale ragione la Cassazione conclude che, una volta stabiliti i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare sulla base di quanto indicato nella lettera di avvio della procedura trasmessa alle organizzazioni sindacali, il datore di lavoro non può più derogare a tali criteri e decidere di farne una applicazione parziale. Tale condotta, ad avviso della Corte, non consente alle organizzazioni sindacali e agli organi amministrativi di effettuare il prescritto controllo sulla correttezza e trasparenza della procedura e, inoltre, non mette il lavoratore che subisce il provvedimento espulsivo in condizione di verificare perché proprio a lui, e non ad altri dipendenti, è stato intimato il licenziamento.

Il caso esaminato dalla Cassazione era relativo ad una società che, nella comunicazione d’apertura della procedura di mobilità, aveva indicato che la riduzione del personale sarebbe stata effettuata applicando i criteri della volontarietà, dei carichi di famiglia, dell’anzianità di servizio e delle esigenze tecnico-produttive e organizzative. Negli atti giudiziari in primo e secondo grado la società aveva, tuttavia, affermato che la scelta dei lavoratori in esubero era intervenuta esclusivamente in base al criterio dei carichi di famiglia.

Su tale presupposto, nei due gradi di merito il licenziamento disposto dalla società all’esito della procedura di mobilità veniva giudicato illegittimo, atteso che non erano stati individuati i lavoratori eccedentari in base ad un’applicazione, in concorso tra loro, di tutti i criteri di scelta precedentemente indicati.

La società ha ribattuto di aver considerato i soli impiegati con carichi di famiglia più ridotti in quanto le posizioni degli altri lavoratori comparabili erano perfettamente uguali sul piano delle esigenze aziendali dedotte e sul piano dell’anzianità di servizio, essendo stati tutti i dipendenti assunti nella stessa data.

La Cassazione non ha accolto questa prospettiva e ha rimarcato che, a prescindere da ogni altro rilievo, la pronuncia d’illegittimità del licenziamento doveva essere confermata per avere la società ammesso che l’unico criterio utilizzato per scegliere i lavoratori da licenziare è stato quello dei carichi di famiglia.

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