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CO.CO.PRO. e abrogazione del progetto:

Il Decreto Legislativo n. 81 del 2015 (di attuazione del Jobs Act) ha regolamentato la materia dei contratti di lavoro ed è intervenuto anche sui contratti di collaborazione – CO.CO.PRO. stabilendo l’abolizione del progetto.

L’approfondimento in materia viene affrontato da un articolo pubblicato oggi (13.8.2015) sul Sole 24 Ore, nella rubrica Guida Lavoro (a cura di Aldo Bottini, titolo: “Abrogato il progetto, restano le co.co.pro anche a tempo indeterminato”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

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È vero che col Jobs act i contratti di lavoro a progetto non esistono più? Sì, ma non del tutto: la materia è complessa. Cerchiamo di inquadrarla.

Il Jobs act disciplina i contratti non standard, tra i quali rientrano anche le collaborazioni autonome. Ad esse si è fatto in questi anni ampio (e talora esagerato) ricorso, alla ricerca di margini di flessibilità che il rapporto di lavoro subordinato non offriva. Con la nuova norma, la novità più rilevante è l’uscita di scena, dopo 12 anni di controversa applicazione, proprio dei contratti a progetto. Sono state infatti abrogate tutte le norme della legge Biagi che li avevano istituiti e disciplinato (articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003), con le relative modifiche introdotte nel corso degli anni successivi.

Queste norme rimangono però in vigore solo per i contratti già in atto alla data di entrata in vigore del decreto (25 giugno 2015). Da tale data nessun nuovo contratto a progetto può dunque essere stipulato: quelli in corso possono proseguire fino alla loro scadenza (il lavoro a progetto è, infatti, per legge, necessariamente a termine).

Resta comunque la possibilità di stipulare collaborazioni coordinate e continuative, a questo punto senza il vincolo del progetto, e quindi anche a tempo indeterminato. Questo ha fatto dire a qualcuno che il decreto opererebbe un ritorno al passato, al periodo cioè antecedente la legge Biagi, quando le co.co.co non erano soggette ad alcun limite. Le cose non stanno così.

È certamente vero che il contratto a progetto era stato pensato (nel 2003) come un argine al dilagare di collaborazioni spesso non genuinamente autonome, ma la sua abolizione non va affatto nella direzione dell’allargamento della possibilità di ricorso al lavoro autonomo. Anzi, è vero il contrario.

Infatti, la possibilità di dar vita a collaborazioni coordinate e continuative è oggi sottoposta a nuovi, e ancor più stringenti, requisiti (si veda l’articolo sotto). Il confine tra autonomia e subordinazione si sposta a favore della seconda, allargando il campo di applicazione della disciplina del lavoro subordinato. L’eliminazione del vincolo del progetto non lascia, quindi, campo libero all’espandersi delle co.co.co.

Viene invece meno un equivoco che la tipizzazione contrattuale del “lavoro a progetto” aveva, sia pur involontariamente, alimentato: quello che bastasse l’individuazione di un progetto per essere poi liberi di atteggiare il rapporto a proprio piacimento. Il Jobs act, dunque, rilanciando la centralità di un lavoro subordinato con nuove (più flessibili) regole, ridisegna anche il lavoro autonomo e i suoi confini.

Rinuncia tuttavia, per il momento, ad affrontare il tema dell’introduzione di tutele e diritti minimi per i collaboratori (genuinamente) autonomi, in particolare per quelli economicamente dipendenti. Lo “statuto dei lavori”, da molti invocato, è rinviato ad un futuro intervento.

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