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Reintegro nel posto di lavoro o indennizzo?

È al Senato lo schema di decreto sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Come succede anche in altri Paesi europei (Francia, Spagna e Germania) anche in Italia si vuol dare la possibilità al datore di lavoro, in caso di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente illegittimamente licenziato, di sostituire tale condanna con il versamento di un adeguato indennizzo economico (c.d. “opting out”).

Come si è detto lo schema di decreto legislativo relativo al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e quello sugli ammortizzatori sociali è arrivato ieri in Parlamento e in quella sede si discute sul mantenimento del reintegro, previsto per i licenziamenti disciplinari, che – come si è visto nello schema del decreto – è consentito soltanto nell’ipotesi in cui sia dimostrata nel corso del giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. A detta di Sacconi, Presidente della Commissione Lavoro del Senato, tale ipotesi consentirebbe al giudice del lavoro “una ampia possibilità di qualificazione dei fatti dedotti in giudizio” e quindi non verrà superata, sempre a detta di Sacconi, “l’anomalia italiana rappresentata dalla indissolubilità del rapporto di lavoro nel caso di motivi disciplinari”. È da qui che nasce l’esigenza di introdurre, come sopra si diceva, il c.d. “opting out”, facoltà che nel nostro ordinamento già esiste ma solo per il lavoratore.

Sacconi, inoltre, ritiene che le nuove regole debbano applicarsi “anche ai dipendenti del pubblico impiego, con le sole eccezioni riferibili alle procedure concorsuali di accesso e alle cosiddette carriere d’ordine” (polizia, forze armate, magistratura, carriera prefettizia e diplomatica), nonché a tutti i rapporti a termine (precedenti alla riforma) convertiti in contratti a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo.

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Per quanto concerne poi il decreto sulla riforma degli ammortizzatori sociali, gli addetti ai lavori al Parlamento ritengono necessario che la durata della NASPI per l’anno 2017 duri ugualmente 24 mesi e non 18 mesi come attualmente preventivato e che l’ASDI – Assegno di disoccupazione – diventi definitivo al termine del periodo di sperimentazione.

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