L’INPS chiarisce quando le dimissioni volontarie permettono di ricevere l’indennità di disoccupazione: le nuove regole.
Non sempre il lavoro che si ha, soddisfa al 100%. Anzi, può capitare che per svariate ragioni lo si vive con sacrificio e malessere, arrivando al punto di dire basta. Proprio le persone che si trovano a valutare di lasciare il proprio lavoro hanno sempre una domanda fondamentale: “Se mi dimetto, avrò diritto alla Naspi?”. Per anni, infatti, la regola è stata chiara: l’indennità di disoccupazione spettava solo a chi perdeva il lavoro involontariamente. Ma l’INPS ha recentemente chiarito alcuni scenari in cui anche chi decide di dimettersi può accedere a questo sostegno economico.
Il tema catalizza molta attenzione: la Naspi, ovvero la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, rappresenta un supporto essenziale per milioni di lavoratori italiani in cerca di una nuova occupazione. Introdotta nel 2015 con il Jobs Act per sostituire le precedenti Aspi e mini-Aspi, questa indennità serve a garantire un reddito temporaneo a chi resta senza lavoro. La novità annunciata dall’INPS riguarda proprio la possibilità di riceverla in caso di dimissioni “per giusta causa”.
Non tutti i motivi di dimissioni danno diritto alla Naspi. La regola generale resta quella: per percepire l’indennità è necessario essere disoccupati contro la propria volontà. In altre parole, se si decide di lasciare il lavoro senza una ragione specifica, la Naspi non spetta. Tuttavia, alcune situazioni eccezionali permettono di superare questo vincolo, offrendo una tutela economica anche a chi si dimette in circostanze particolari.
Dimissioni volontarie: quando diventano “per giusta causa”
La novità principale sulla Naspi riguarda le dimissioni considerate “per giusta causa”. Si tratta di casi in cui il lavoratore non può continuare a svolgere la propria attività senza subire un grave disagio. Un esempio significativo è rappresentato dal trasferimento della sede di lavoro: se l’azienda decide di spostare il dipendente in una sede distante più di 50 km dalla residenza abituale, l’INPS riconosce le dimissioni come giustificate. Anche in questo scenario, dunque, il lavoratore può accedere alla Naspi.

Questa disposizione tutela non solo i lavoratori dipendenti standard, ma anche apprendisti, soci lavoratori di cooperative, dipendenti a tempo determinato della pubblica amministrazione e personale artistico con rapporto subordinato. Rimangono esclusi, invece, alcuni gruppi come i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la correttezza delle procedure aziendali. Secondo i contratti collettivi, il trasferimento di sede deve essere comunicato per iscritto e deve includere una motivazione precisa. Se il trasferimento non è giustificato da esigenze organizzative o produttive, il lavoratore ha diritto a dimettersi per giusta causa e a percepire la Naspi. Questo meccanismo assicura che il diritto all’indennità non venga negato in maniera ingiusta e tutela chi subisce cambiamenti importanti nelle condizioni di lavoro.





