Può essere considerato un aiuto economico per affrontare la perdita: come funziona la pensione di reversibilità e quali percentuali spettano al coniuge superstite
La morte del proprio compagno di vita è un dolore indescrivibile che lascia un vuoto enorme e anche, detto forse brutalmente, anche preoccupazioni sul futuro finanziario. Senza poter più contare sulla seconda, o a volte, anche l’unica entrata mensile apre scenari molto preoccupanti. Tuttavia, è proprio in questo contesto che entra in gioco la pensione di reversibilità, una misura che tutela il coniuge superstite e, in alcuni casi, anche i figli.
Il sistema pensionistico italiano, nonostante le critiche e i suoi limiti, resta ancora uno dei più solidi d’Europa. Non si tratta soltanto di pensioni di vecchiaia o di invalidità: esistono anche strumenti che garantiscono un sostegno in situazioni delicate, come appunto la perdita del coniuge. La reversibilità è uno di questi pilastri, studiato proprio per non lasciare senza reddito chi resta.
Molti però non conoscono nel dettaglio quanto spetta a una vedova dalla pensione del marito (o viceversa). Le regole sono precise, ma non sempre facili da interpretare.
Cos’è la pensione di reversibilità e quanto spetta al coniuge superstite
La pensione di reversibilità è un trattamento economico riconosciuto al coniuge superstite in seguito al decesso del titolare della pensione. Può essere richiesta se il defunto era già pensionato oppure se aveva versato un minimo di contributi: 15 anni in totale, oppure almeno 3 anni negli ultimi 5 precedenti la morte.

L’erogazione parte dal mese successivo al decesso e rappresenta un sostegno fondamentale per chi si ritrova improvvisamente senza il reddito del partner. La regola generale è questa: al coniuge superstite spetta il 60% della pensione percepita dal defunto. Per esempio, se il marito riceveva un assegno di 1.500 euro, la vedova potrà contare su 900 euro al mese. Ma la percentuale può cambiare se ci sono figli a carico:
- con 1 figlio la quota sale all’80% della pensione originaria;
- con 2 o più figli si arriva addirittura al 100%.
In pratica, la reversibilità cerca di garantire una protezione più ampia quando ci sono minori o studenti a carico. La situazione si complica quando entrano in gioco separazioni e divorzi. In caso di coniugi separati, la reversibilità resta comunque riconosciuta, a meno che non sia stata accertata una colpa grave a carico del coniuge superstite.
Diverso è il caso dei divorziati: se l’ex coniuge percepiva un assegno di mantenimento, può avere diritto a una quota della pensione di reversibilità. Tuttavia, in presenza di un nuovo matrimonio del defunto, il diritto spetta in via prioritaria al coniuge superstite, e l’ex può ottenere soltanto una parte proporzionata, secondo la valutazione del giudice.
Il consiglio, in ogni caso, è quello di rivolgersi sempre a un patronato o direttamente all’INPS per valutare la propria situazione specifica, considerando eventuali figli, separazioni o altre condizioni particolari.





