C’è una ampia casistica in cui si può chiedere lo sconto del canone d’affitto. Ma non lo sa quasi nessuno in Italia

Con i canoni di locazione in aumento – nel secondo trimestre del 2025 la crescita è stata del 4,6%, con una media di 14,9 euro al metro quadro – sono sempre di più gli inquilini che cercano uno sconto.

Ma non basta avere difficoltà economiche: la riduzione del canone d’affitto non è una scelta libera, è ammessa solo nei casi stabiliti dalla legge.

Riduzione del canone: i casi previsti dalla legge

Il Codice civile individua precise circostanze in cui il conduttore può chiedere la diminuzione del canone. L’art. 1578 c.c. stabilisce che, se l’immobile consegnato presenta vizi gravi che ne riducono in modo significativo l’uso pattuito – ad esempio infiltrazioni, muffa estesa, impianto di riscaldamento non funzionante, ambienti inagibili – l’inquilino può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione proporzionale del canone.

Requisiti riduzione canone affitto
I requisiti per la riduzione del canone d’affitto – (diritto-lavoro.com)

Non solo: l’art. 1581 c.c. prevede lo stesso diritto se i difetti emergono durante la locazione. È il caso di guasti strutturali comparsi con il tempo o di un impianto che smette di funzionare.

Un’ulteriore ipotesi è disciplinata dall’art. 1464 c.c., sull’impossibilità parziale della prestazione: se l’inquilino non può utilizzare una parte rilevante dell’abitazione per cause non imputabili a lui – ad esempio una stanza resa inaccessibile da un crollo – ha diritto a un canone ridotto.

Infine, l’art. 1584 c.c. stabilisce che se i lavori di manutenzione si protraggono per oltre venti giorni, l’inquilino può chiedere una riduzione proporzionata al disagio e alla durata dei lavori.

Esistono due vie per abbassare il canone: riduzione legale, riconosciuta da un giudice quando vengono dimostrati i vizi o il mancato godimento dell’immobile; riduzione pattuita, cioè concordata con il proprietario, che deve essere formalizzata in una scrittura privata.

In nessun caso l’inquilino può autoridurre il canone: pagare meno senza accordo o sentenza equivale a morosità e può portare allo sfratto.

La giurisprudenza è chiara: solo i difetti gravi e permanenti possono ridurre il canone. Alcuni esempi ricorrenti sono infiltrazioni d’acqua che rendono inutilizzabili intere stanze, muffa diffusa, impianti rotti o condizioni ambientali che minacciano la salute.

Anche i difetti di microclima possono incidere: un isolamento inadeguato o un impianto malfunzionante che produce eccessiva secchezza o umidità dell’aria può giustificare lo sconto, purché ci siano perizie tecniche e documentazione sanitaria che ne provino gli effetti sulla salute.

Nelle locazioni commerciali i principi restano gli stessi. Ad esempio, un negozio con spogliatoi inutilizzabili per infiltrazioni dà diritto a una riduzione; al contrario, la sola crisi economica non è motivo sufficiente.

Il primo passo è una richiesta formale scritta (via PEC o raccomandata A/R), in cui l’inquilino descrive il vizio, propone l’entità della riduzione e la sua durata. Se il proprietario accetta, l’accordo va formalizzato con una scrittura privata che riporti importi e decorrenza.

Per tutelare entrambe le parti, l’intesa può essere registrata presso l’Agenzia delle Entrate con il modello RLI. La registrazione non è obbligatoria, ma consigliata: l’accordo di riduzione è esente da imposta di registro e di bollo se riguarda solo il canone, e consente al proprietario di dichiarare al fisco solo quanto effettivamente percepito.