Il 2026 potrebbe portare novità sul fronte previdenziale, pur senza una riforma organica delle pensioni. Protagoniste soprattutto le donne

Le anticipazioni emerse dalle ultime dichiarazioni governative indicano che Opzione Donna, il meccanismo di pensionamento anticipato dedicato alle lavoratrici, non solo verrà confermato, ma potrebbe addirittura essere potenziato dalla prossima Legge di Bilancio.

L’attenzione sul tema è tornata alta dopo un’intervista al sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega), che ha delineato alcune linee guida del piano previdenziale. Il governo, ha spiegato Durigon, è intenzionato a bloccare l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile previsto per il 2027, e valuta di estendere l’uscita a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, favorendo contestualmente la previdenza integrativa tramite il conferimento del TFR.

Il tentativo di rafforzare Opzione Donna

Ma il passaggio più significativo riguarda proprio Opzione Donna. Contrariamente alle ipotesi di cancellazione, l’esecutivo sembra orientato a rafforzare la misura, soprattutto in considerazione della possibile eliminazione di Quota 103. Una decisione non scontata, poiché la pensione contributiva femminile era data per chiusa al 31 dicembre 2025.

Pensioni donne
Pensioni: buone notizie per le donne – (diritto-lavoro.com)

Introdotta come strumento flessibile per anticipare l’uscita dal lavoro, Opzione Donna è diventata sempre meno attrattiva. Le restrizioni imposte negli ultimi anni e il metodo di calcolo interamente contributivo, penalizzante per l’assegno finale, hanno ridotto drasticamente le adesioni.

In origine, la misura era aperta a tutte le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età (59 per le autonome). Oggi, invece, riguarda solo categorie ristrette: caregivers, invalide, licenziate o dipendenti di aziende in crisi, con un’uscita compresa tra i 59 e i 61 anni, variabile in base alla situazione familiare e al numero di figli.

Le dichiarazioni del sottosegretario non chiariscono nel dettaglio il tipo di potenziamento previsto, ma le ipotesi sono diverse. Ritorno alla versione originaria, con requisiti più ampi e senza vincoli di categoria, consentendo l’uscita a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome. Oppure allargamento della platea, includendo lavoratrici con mansioni gravose, oggi escluse dal meccanismo. Modifiche sul calcolo dell’assegno, anche se l’abolizione del metodo contributivo appare poco probabile, visto che la misura è nata su questa logica.

Una prospettiva intermedia potrebbe prevedere sgravi o incentivi compensativi per mitigare le penalizzazioni sul trattamento pensionistico.

Al momento non ci sono conferme definitive: tutto sarà deciso nella prossima Legge di Bilancio, che dovrà stabilire non solo il futuro di Opzione Donna, ma anche gli interventi sulle pensioni in generale, tra cui Quota 41 e le eventuali penalizzazioni flessibili legate all’ISEE.