Ferie non godute: arriva un’ottima notizia per tutti i lavoratori. Cosa c’è da sapere al riguardo. 

Nei primi mesi del 2025, c’è stata una sorta di discussione sulle ferie non godute nella pubblica amministrazione. La questione è giunta sino in tribunale e, oggi, i dati sono inequivocabili.

Su 425 sentenze, 412 hanno riconosciuto i diritti dei lavoratori. Si tratta quasi del 97% dei casi. Le indennità riconosciute superano i 3 milioni di euro e, si fa riferimento anche agli accordi raggiunti prima della sentenza, che restano comunque in aumento.

Ferie non godute, buone notizie per tutti questi lavoratori: ti spetta il risarcimento

Si tratta di statistiche ufficiose, ma sono dati importanti che aiutano a comprendere qual è l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia. Ma perché i giudici sembrano avere appoggiato le ragioni dei dipendenti pubblici?

Ferie con godute: cosa puoi fare davvero
Ti spetta il risarcimento-diritto-lavoro.com

Per evitare di pagare l‘indennità al termine del rapporto, l’amministrazione deve dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni concrete per poter fruire delle ferie, ad esempio, informandolo preventivamente con una programmazione adeguata.

In diritto questa regola prende il nome di onere della prova, cioè chi contesta il pagamento, in questo caso il datore di lavoro pubblico, deve dimostrare in tribunale di possedere le prove che attestano la sua buona condotta.

Se le prove non ci sono, o non sono abbastanza convincenti per il giudice, il datore di lavoro viene condannato al pagamento di un’indennità sostitutiva. In questo caso, il lavoratore riceve un importo in denaro al posto dei giorni di ferie che non ha potuto utilizzare.

Anche l‘Unione Europea tutela i diritti dei lavoratori, infatti, l’articolo 7 della direttiva 2003/88/ce tutela il diritto alle ferie pagate, e quando il rapporto di lavoro finisce, consente un pagamento in denaro per i giorni non goduti se il datore non ha reso davvero possibile la fruizione delle stesse.

La Corte di Giustizia ha chiarito che la motivazione per la quale si lascia il lavoro, ad esempio la pensione, il licenziamento, o le dimissioni non cambiano il risultato. Ciò che conta è solo se il lavoratore è stato messo nelle reali condizioni di poter riposare o se è stato informato per tempo del rischio di perdere il diritto.

Questo orientamento è stato consolidato anche dalla giurisprudenza italiana. Sul versante economico i risultati non sono uguali per tutti, poiché dipendono da più fattori: innanzitutto da quanto si guadagna, quanti giorni di ferie sono rimasti al momento in cui il rapporto finisce.