Fisco, controlli fiscali estesi anche a moglie, figli e conviventi: ecco quando l’Agenzia delle Entrate può farlo e cosa devi sapere per evitare sanzioni.
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha ampliato il raggio d’azione delle sue verifiche, includendo anche i conti di familiari stretti e conviventi del contribuente. Un cambiamento che, se da un lato punta a contrastare l’evasione fiscale, dall’altro solleva dubbi sulla privacy e sulla correttezza delle operazioni familiari.
Ma quando è legittimo che il Fisco entri nei conti correnti di tua moglie, tuo figlio o del tuo partner convivente? E cosa rischi se non puoi giustificare determinati movimenti? Vediamolo insieme.
Quando il Fisco può controllare anche i tuoi familiari
Secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 13761/2025, l’Agenzia delle Entrate può estendere i controlli fiscali anche ai familiari e ai conviventi, ma solo in presenza di motivazioni precise. Non si tratta quindi di un potere automatico, ma di una possibilità di concessa quando emergono indizi fondati di comportamenti sospetti.

L’obiettivo principale è quello di smascherare le cosiddette “intestazioni fittizie”, cioè quando un conto viene intestato a un familiare solo per nascondere movimenti che in realtà appartengono al contribuente sotto indagine. Per esempio, se un soggetto sposta grandi somme di denaro su un conto del coniuge senza una causale chiara, il Fisco può intervenire.
Tutto parte dai dati raccolti nell’Anagrafe dei rapporti finanziari, un enorme database in mano all’Agenzia delle Entrate che contiene informazioni su conti correnti, carte prepagate, depositi e investimenti. Incrociando questi dati con quelli dichiarati nel 730 o nel Modello Redditi, il sistema può rilevare anomalie.
I controlli possono essere di tre tipi:
- Controlli automatizzati , in cui un software rileva incoerenze tra redditi dichiarati e movimenti bancari.
- Controlli mirati , attivati quando emergono segnali concreti di evasione.
- Richieste dirette alle banche , anche senza autorizzazione del giudice, grazie a quanto previsto dalla Legge n. 311/2004.
Le “spie” che possono far partire un controllo sui familiari sono, ad esempio:
- un bonifico di importo elevato senza una causale chiara;
- una crescita improvvisa della liquidità sul conto del coniuge o di un figlio;
- il passaggio di denaro non coerente con il reddito dichiarato.
In questi casi, l’Agenzia delle Entrate può ipotizzare che il conto sia utilizzato per eludere il fisco. E non serve nemmeno che ci sia un vincolo di parentela: anche un convivente può finire sotto esame, se i movimenti sono sospetti. Se accade spetta a te dimostrare che non è così mostrando ogni sorta di documentazione. Conserva sempre le causali dei bonifici, accordi scritti anche informali e tutte le prove che dimostrino la provenienza lecita delle somme.
Il Fisco non è più “cieco” rispetto ai movimenti bancari dei familiari. Se da un lato questa strategia mira a scovare furbizie ed evasori, dall’altro impone ai cittadini una maggiore trasparenza nella gestione dei propri rapporti economici. Per questo è importante conoscere le regole e muoversi sempre con attenzione: un semplice bozzo senza causale potrebbe costarti molto caro.





