Nel contesto condominiale, il tema del disturbo causato da rumori molesti assume sempre più rilevanza giuridica, come confermato da recenti sentenze della Corte di Cassazione. Tra i disturbi più frequenti e insidiosi vi è il suono dei tacchi alti sul pavimento, che può compromettere la serenità e la salute psicofisica dei vicini. Una novità importante riguarda il riconoscimento di un risarcimento e la configurabilità di un reato quando tali rumori superano la soglia della normale tollerabilità.

Una donna di Sesto Fiorentino, affetta da disturbi d’ansia, ha ottenuto dalla giustizia un risarcimento di 10.000 euro per il disagio causato dal rumore prodotto dai tacchi alti della vicina di casa sul pavimento in gres porcellanato. Il disturbo acustico notturno, ripetuto e persistente, aveva infatti aggravato la sua condizione psicologica, come attestato da una diagnosi medica specifica. Questo caso esemplifica come la giurisprudenza stia riconoscendo il valore concreto del danno derivante dalla violazione del diritto alla tranquillità domestica.

Normativa e limiti di tollerabilità dei rumori nei condomini

Il quadro normativo che disciplina il tema è articolato e si basa principalmente su due fonti. In primo luogo, il regolamento condominiale può prevedere specifiche limitazioni per i rumori molesti, fungendo da strumento di prevenzione e regolazione interna. In secondo luogo, il codice civile all’articolo 844 prevede che si possa agire legalmente quando un rumore supera la soglia della normale tollerabilità, ossia quel livello minimo oltre il quale si configura un pregiudizio tutelabile.

Per avviare un’azione legale è fondamentale acquisire una consulenza tecnica d’ufficio o di parte che misuri in modo oggettivo il volume dei rumori tramite registrazioni fonometriche. I parametri di legge indicano che il limite massimo consentito è di 40 decibel nelle ore notturne e di 50 decibel durante il giorno, con la necessità che il rumore superi almeno di 3 decibel tali soglie per essere considerato molesto.

Oltre al risarcimento civile, alcune condotte di disturbo possono assumere rilevanza penale. L’articolo 659 del codice penale punisce con arresto fino a tre mesi o ammenda chiunque, con schiamazzi, rumori o altri mezzi, disturbi il riposo o le occupazioni altrui. Tuttavia, la giurisprudenza di Cassazione ha chiarito che per la configurabilità del reato è necessario che il disturbo abbia un’effettiva ricaduta negativa su più persone, non solo sul singolo reclamante. La valutazione include l’analisi delle segnalazioni da parte di altri condomini (Cass., sent. 2071/2024).

Un’ulteriore svolta è rappresentata dal riconoscimento del reato di stalking in ambito condominiale. Nel 2024, la Corte ha confermato la condanna di una donna che, mediante rumori molesti e atti intimidatori reiterati, aveva reso impossibile la vita dei vicini. La Cassazione ha sottolineato come qualsiasi comportamento che interferisca nella vita privata altrui, generando ansia e modificando abitudini quotidiane, possa configurare stalking (Cass., n. 44261/2024). Questa interpretazione amplia gli strumenti di difesa, consentendo di agire anche in assenza di un disturbo collettivo, offrendo una tutela più incisiva alla quiete individuale.

La possibilità di sporgere querela per stalking nel contesto condominiale rappresenta quindi un deterrente importante contro i comportamenti molesti, inserendosi in un percorso giuridico che valorizza la protezione della salute psicologica oltre che della serenità ambientale.