Una richiesta di pagamento supplementare da parte dell’Agenzia delle Entrate. Un vero e proprio spauracchio per molti lavoratori

Non si tratta di una sanzione né di un errore amministrativo, ma di un ricalcolo fiscale legittimo che può comportare un ulteriore esborso.

Il ricalcolo da parte dell’Agenzia delle Entrate è legittimo e può portare a richieste di conguaglio anche mesi dopo la liquidazione. Per questo motivo è fondamentale conoscere le regole, dichiarare correttamente i redditi e non sottovalutare eventuali avvisi di pagamento

Il ricalcolo nei confronti di tanti lavoratori

Il TFR, al momento della liquidazione, viene tassato con un’aliquota separata e provvisoria, determinata tenendo conto della media dei redditi degli ultimi cinque anni. Questa forma di tassazione è pensata per evitare che il TFR sia tassato in modo eccessivo, dato che viene percepito in un’unica soluzione e potrebbe far salire artificiosamente il reddito dell’anno di riferimento.

Ricalcolo IRPFEF
Ricalcolo IRPEF: come muoversi – (diritto-lavoro.com)

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate può procedere successivamente a un ricalcolo, applicando le aliquote IRPEF ordinarie in base al reddito complessivo del contribuente nell’anno di percezione del TFR. Se il contribuente ha avuto altri redditi nello stesso periodo, l’imposta complessiva dovuta potrebbe risultare più alta rispetto a quella già trattenuta dal datore di lavoro. In questi casi, il Fisco può notificare un avviso di pagamento per saldare la differenza.

Il rischio di ricevere una simile richiesta riguarda sia i lavoratori dipendenti del settore privato che quelli del settore pubblico (in quest’ultimo caso si parla di TFS, ovvero Trattamento di Fine Servizio). Tuttavia, sono particolarmente esposti, coloro che percepiscono il TFR in forma rateizzata, chi ha variazioni di reddito importanti tra l’anno di maturazione e quello di erogazione, i lavoratori che ricevono altri compensi o redditi nello stesso anno dell’incasso del TFR.

In tutti questi casi, l’importo complessivo del reddito può collocare il contribuente in uno scaglione IRPEF superiore, facendo aumentare l’imposta dovuta.

L’avviso che arriva dall’Agenzia delle Entrate non è una multa né una penalità, bensì una richiesta di versamento del saldo IRPEF realmente dovuto. Il pagamento non può essere evitato e, in caso di mancato adempimento, l’Amministrazione Finanziaria può attivare le ordinarie procedure di riscossione: pignoramenti, ipoteche, interessi moratori e così via.

Per prevenire queste situazioni, è consigliabile adottare alcune precauzioni. Verificare che il TFR sia correttamente riportato nella dichiarazione dei redditi. In caso di omissione, il Fisco può effettuare controlli incrociati e procedere autonomamente. Analizzare con attenzione la Certificazione Unica (CU) rilasciata dal datore di lavoro: contiene le informazioni su imponibile e ritenute applicate. Se si riceve un avviso, non trascurarlo: è sempre opportuno consultare un commercialista o un consulente del lavoro, che potrà verificare l’esattezza dei calcoli e, se necessario, proporre una rateizzazione del pagamento.