Viviamo una stagione di controlli al tappeto da parte del Fisco. Ecco quali sono gli accertamenti più comuni
Negli ultimi anni, il controllo fiscale sui cittadini è diventato sempre più digitale e automatizzato. Tra gli strumenti a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, uno dei più efficaci è la possibilità di monitorare i conti correnti bancari e postali dei contribuenti.
Molti si chiedono: il Fisco può davvero vedere come spendo i miei soldi? La risposta è sì, in determinate circostanze e con strumenti specifici.
Il presupposto che consente questi controlli si trova nel DPR 600/1973, dove è sancito il potere dell’amministrazione finanziaria di accedere a dati bancari e finanziari per contrastare l’evasione fiscale. Questo potere si è rafforzato nel tempo, soprattutto con la nascita dell’Archivio dei Rapporti Finanziari, un enorme database gestito dall’Agenzia delle Entrate in cui banche, Poste e altri istituti devono comunicare annualmente tutte le informazioni relative ai rapporti con i propri clienti.
Parliamo non solo dei saldi e della giacenza media, ma anche dei movimenti in entrata e uscita, delle carte di credito collegate, degli investimenti, dei mutui e dei prestiti. In sostanza, il Fisco ha accesso a una fotografia dettagliata delle finanze personali.
A dare ulteriore forza a questo sistema è l’introduzione di VeRa, il software di verifica dei rapporti finanziari. Questo strumento è in grado di incrociare automaticamente le informazioni bancarie con i dati delle dichiarazioni dei redditi e delle spese sostenute, segnalando eventuali anomalie che potrebbero nascondere redditi non dichiarati.
Cosa controlla il Fisco: gli elementi a rischio
Il Fisco non guarda ogni singola spesa, ma si concentra su movimenti sospetti o incoerenti con il reddito dichiarato. Ecco alcuni esempi che possono far scattare un controllo. Versamenti ingiustificati, soprattutto se in contanti o provenienti dall’estero. Prelievi consistenti e frequenti che non trovano corrispondenza con le entrate dichiarate. Assenza di prelievi per lunghi periodi, che potrebbe far pensare all’utilizzo di risorse non tracciate. Saldo e giacenza media elevati, incompatibili con il tenore di vita ufficiale.

Non tutti vengono controllati. Il Fisco applica un principio di selezione per rischio, agendo solo su contribuenti che mostrano discrepanze significative. In pratica, finché le spese sono compatibili con il reddito, è improbabile che scatti un controllo. Ma quando il tenore di vita supera di molto quanto dichiarato, allora la situazione cambia.
È importante sapere che il Fisco non ha bisogno di un’autorizzazione specifica per accedere ai dati dell’Anagrafe dei Rapporti Finanziari: si tratta di un accesso automatico e legittimo. Solo per controlli diretti e approfonditi viene avviato un procedimento formale.
Se l’Agenzia delle Entrate contesta un’anomalia, spetta al contribuente dimostrare che i soldi spesi provengono da fonti lecite e non imponibili: ad esempio, un prestito tra familiari, una donazione, la vendita di un bene o il rimborso di un’assicurazione. Tuttavia, tutto deve essere documentato. In assenza di prove, si presume che l’origine del denaro sia un reddito non dichiarato e quindi tassabile, con possibili sanzioni.





