Da sempre, il tema delle pensioni è cruciale in Italia. Ma mai come oggi, la situazione è in bilico. Ecco le ultime novità.
Il sistema pensionistico italiano si trova oggi a una svolta delicata: da un lato, la proposta emergente di destinare una parte del TFR all’INPS vuole rafforzare il fondo previdenziale; dall’altro, persistono disuguaglianze marcate a sfavore di donne e giovani, che rischiano di ritrovarsi pensioni basse e un futuro sempre più lontano.
Nel 2025 il gap tra pensioni maschili e femminili ha raggiunto un picco: in media, gli uomini percepiscono 1.486 € mensili contro 1.011 € per le donne, con uno scarto del 32%. Questo divario riflette dinamiche consolidate: carriere interrotte – spesso per ragioni familiari – e stipendi inferiori penalizzano le lavoratrici, non solo nel corso della vita, ma anche al momento del pensionamento. Un problema strutturale, che non trova soluzioni adeguate nelle normative vigenti.
Il programma “Opzione Donna” – nato per consentire alle lavoratrici di anticipare l’uscita dal lavoro – appare oggi ridotto all’osso. Ad oggi, i requisiti più rigidi limitano l’accesso a poche categorie (caregiver, persone con invalidità, licenziate), e solo 592 pensioni sono state liquidate nel primo trimestre 2025, rispetto alle oltre 3.500 dell’anno precedente. Le restrizioni sembrano preludere a una sua abrogazione nel 2026.
I giovani che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 sono collocati nel sistema contributivo puro, che lega strettamente la pensione ai versamenti effettivi. Questo meccanismo, però, appare incompatibile con la realtà del lavoro precario e intermittente: molti potrebbero dover attendere oltre i 70 anni per andare in pensione, con assegni esigui e insufficienti.
Che pensione avranno i giovani?
Una proposta in discussione è quella di utilizzare una parte del Trattamento di Fine Rapporto per il sistema previdenziale pubblico, affidando il denaro all’INPS anziché a fondi pensioni privati.. L’idea è di convertire il TFR in un investimento collettivo, destinato a rafforzare i contributi per giovani e lavoratori con carriere discontinue. Tuttavia, finora si tratta di una proposta ancora in fase embrionale, priva di struttura normativa chiara e di tempistiche certe.

Il sistema di previdenza integrativa, basato sui fondi pensione, presenta caratteristiche di autonomia patrimoniale ma non offre garanzia di capitale o rendimento Il rischio, pur contenuto in fondi a basso rischio, non è eliminabile del tutto e in assenza di garanzie esplicite, molti lavoratori restano scettici. Le adesioni rimangono basse, soprattutto tra i giovani, nonostante incentivi occasionali riservati agli under 35.
Secondo previsioni recenti, l’attuale sistema contribuirà a pensioni future attorno al 60% dell’ultima retribuzione per molti giovani. Una cifra che, pur potendo sembrare ragionevole, digitalizza una chiara contrazione del reddito pensionistico, erodendo il potere d’acquisto.
La riforma del TFR verso l’INPS richiederebbe una revisione delle norme contrattuali tra imprese e lavoratori, con potenziali impatti sui contratti e i bilanci aziendali. Occorrerebbe una governance trasparente e un bilanciamento di interessi per evitare ulteriori distorsioni.





