Molti cittadini (spesso inconsapevolmente) versano i contributi in modo vano. Vediamo chi rientra in questa categoria
Versare contributi non garantisce di per sé una pensione: è indispensabile raggiungere soglie minime e mantenere una strategia previdenziale attiva e informata. Prima di entrare negli aspetti tecnici, un monito chiaro: non si può lasciare nulla al caso quando si tratta della propria vecchiaia.
I contributi previdenziali sono obbligatori per chi lavora, siano essi dipendenti o autonomi, e servono a finanziare la propria futura pensione. Ma se al momento della pensione non si raggiunge un minimo contributivo, quella somma sparisce: non si riceve alcuna restituzione né si trasforma in assegno pensionistico.
Questo fenomeno — chiamato contributi silenti — riguarda chi pur avendo versato, non arriva al minimo di 20 anni di contributi (o 15 solo nei rari casi della cosiddetta “deroga Amato”), oppure non soddisfa altri criteri di accesso alla quiescenza.
Chi sta versando vanamente i contributi
Il problema emerge chiaramente in casi come quello di lavoratori che riprendono attività dopo una lunga pausa, o chi avvia un’attività in età avanzata. Se uno non raggiunge almeno il requisito minimo—generalmente 20 anni di contributi, o 15 solo per rare eccezioni — rischia di concludere la carriera con contributi vani.

Persino chi comincia da zero a 55 anni potrebbe arrivare a 15 anni di contributi solo lavorando fino a 70, ed è consapevole che l’INPS non glieli restituirà mai. Tra le tipologie di contributi a rischio ci sono i lavoratori precari o intermittenti: con carriere discontinue, difficilmente raggiungono i 20 anni necessari, lasciando sospesi contributi ben versati. Gli autonomi tardivi: chi inizia un’attività autonoma in età avanzata, pur versando regolarmente contributi, può non centrare il traguardo temporale. Infine, chi versa prima del 1996 e usa il sistema contributivo puro: il regime misto (parte retributivo, parte contributivo) richiede almeno 20 anni, e i versamenti solo dopo il 1996 non compensano quelli di prima.
L’INPS non restituisce i contributi versati inutilmente: i contributi silenti restano inespressi, e non danno diritto a sussidi né assegni sociali, che sono invece forme assistenziali legate al reddito
Ma ci sono categorie che pagano davvero “a vuoto”. I lavoratori co.co.co. o occasionali che non accumulano contributi continui. Donne o lavoratori stagionali con carriere spezzettate. Imprenditori o artigiani che aprono attività tardi, privi di anni lavorativi precedenti. Chi azzera i versamenti volontari senza raggiungere i 20 anni.
Tra le soluzioni possibili consigliamo di effettuare una ricongiunzione o riscatto di laurea e periodi non coperti, pur con costi spesso alti, oppure di fare versamenti volontari, ma valutando attentamente i costi rispetto ai benefici attesi. Ovviamente, vi invitiamo a collaborare con un patronato o un consulente previdenziale, verificando periodicamente l’estratto contributivo per annotare eventuali scoperti o errori.





