Se hai sbagliato a pagare le tasse puoi ricorrere a questo strumento, eviti le sanzioni e ti salvi.
Nel labirinto spesso intricato della normativa fiscale italiana, il contribuente si trova non di rado a confrontarsi con norme ambigue, indicazioni contraddittorie e regolamenti non sempre trasparenti.
In questo scenario, il dubbio interpretativo non è soltanto una questione di poca chiarezza, ma può diventare un rischio concreto, capace di generare sanzioni, contenziosi e un senso di profonda frustrazione.
Fisco, se hai sbagliato a pagare le tasse puoi ancora salvarti: così non ti becchi sanzioni
L’incertezza normativa tributaria si manifesta ogniqualvolta una norma fiscale o un atto amministrativo correlato non consente un’interpretazione chiara e univoca. In questi casi, l’ambiguità può riguardare la portata stessa della norma, il campo di applicazione, oppure i modelli e le richieste utilizzati per adempiere agli obblighi fiscali.

L’art. 1375 del Codice Civile, che impone di eseguire i contratti secondo buona fede, è stato utilizzato come base per estendere tale principio anche ai rapporti con l’amministrazione finanziaria.
A rafforzare questa impostazione, la Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 19667/2008, ha ribadito che anche nell’ambito tributario le parti sono tenute ad agire con lealtà e coerenza, evitando comportamenti contraddittori o sleali.
Inoltre, l’articolo 97 della Costituzione, che disciplina il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, impone anche all’Agenzia delle Entrate di non disattendere l’affidamento del contribuente, specialmente nei casi in cui l’incertezza sia frutto di una gestione normativa ambigua.
Un punto essenziale della disciplina è che non è il contribuente a decidere se vi sia incertezza normativa, ma il giudice. È infatti il potere giurisdizionale a dover valutare, in modo oggettivo, se la norma in questione presenta davvero margini di ambiguità tali da giustificare l’errore.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1312 del 20 gennaio 2025, ha chiarito che la disapplicazione delle sanzioni avviene solo a seguito di una “rigorosa verifica” che attesti l’impossibilità, per un interprete ragionevole, di individuare con sicurezza la norma da applicare.
Nel momento in cui il contribuente si trovi sotto verifica o accertamento per una presunta violazione fiscale, è lui a dover dimostrare l’esistenza di un’incertezza normativa oggettiva.
Questo percorso richiede attenzione e competenza, ma è fondamentale per proteggersi da sanzioni ingiuste e per far valere il principio di buon senso che è alla base dell’intero impianto di tutela.
Un’altra arma a disposizione del contribuente è l’interpello ordinario (previsto dall’articolo 11 della Legge n. 212/2000, lo Statuto del Contribuente). In presenza di dubbi interpretativi sulla corretta applicazione di una norma tributaria, è possibile chiedere preventivamente chiarimenti all’Agenzia delle Entrate.
Il fatto stesso che l’Agenzia ritenga ammissibile l’interpello è già indice dell’esistenza di una reale condizione di incertezza. Da ciò consegue che eventuali violazioni pregresse, se collegate alla stessa questione interpretativa, non dovrebbero essere punite, poiché commesse in un contesto giuridico oggettivamente ambiguo.





