L’apertura di un conto corrente andrebbe sempre trattata e valutata prima con un consulente bancario e finanziario
Aprire un conto corrente cointestato è una soluzione pratica per chi vuole gestire denaro in comune, che si tratti di coniugi, conviventi o soci in affari. Tuttavia, accanto ai benefici in termini di comodità e condivisione delle spese, esistono rischi importanti che spesso vengono ignorati.
Conoscerli in anticipo è fondamentale per evitare spiacevoli conseguenze in caso di contenziosi, separazioni o problemi con i creditori.
I rischi del conto cointestato
Uno dei timori più diffusi riguarda la possibilità che i debiti di uno dei titolari ricadano anche sull’altro. In caso di inadempienza, il creditore può infatti procedere al pignoramento del conto cointestato, ma limitatamente alla quota attribuita al debitore. Quando i cointestatari sono due, si presume che le somme siano divise in parti uguali (50% ciascuno), salvo accordi diversi specificati nel contratto.

Questa regola vale anche se uno dei correntisti ha versato molto più denaro rispetto all’altro. Il problema è che la banca, in caso di pignoramento, blocca il conto nella sua interezza fino alla definizione delle quote da parte del giudice. Spetta quindi al titolare “non debitore” dimostrare in tribunale di essere l’effettivo proprietario di gran parte delle somme, fornendo prove concrete come buste paga o bonifici.
Diverso è il caso di debiti contratti con la stessa banca (ad esempio per uno scoperto di conto o un prestito): qui vige la responsabilità solidale, e l’istituto può richiedere l’intero importo a uno solo dei cointestatari, il quale potrà poi rivalersi sull’altro.
Sul fronte operativo, la regola della presunzione delle quote non limita l’uso del denaro. Ogni titolare può prelevare o disporre dell’intero saldo, a meno che il conto non sia a firma congiunta, che richiede l’autorizzazione di tutti i cointestatari per ogni operazione.
Questa libertà, però, rappresenta un rischio: nulla impedisce a uno dei titolari di svuotare il conto senza preavviso. In tal caso, l’altro potrà solo ricorrere a vie legali per chiedere la restituzione della propria quota. La banca, infatti, non ha il potere di bloccare l’operazione se non previsto dal contratto.
Il problema diventa più evidente in caso di crisi familiare. Recenti sentenze, come quella del Tribunale di Napoli (n. 6235/2025), hanno stabilito che chi dimostra di aver alimentato il conto con fondi propri può pretendere la restituzione di tutte le somme utilizzate dall’altro correntista, con interessi.
Nel caso specifico, un ex marito è stato condannato a restituire quanto prelevato, perché i depositi provenivano dagli stipendi della moglie e non erano stati usati per esigenze familiari. Anche tra coniugi, quindi, la proprietà effettiva del denaro resta un criterio fondamentale.
Per evitare problemi, è consigliabile tenere traccia dei versamenti effettuati e delle finalità delle spese, o stabilire chiaramente la destinazione comune delle somme.
Un altro rischio riguarda il controllo fiscale. L’Agenzia delle Entrate, in caso di versamenti rilevanti, può attribuire le somme interamente a chi le ha effettuate, chiedendo la relativa giustificazione, indipendentemente dalla regola del 50%.
La cointestazione, inoltre, può far sospettare tentativi di occultamento di redditi non dichiarati, soprattutto quando i movimenti non sono coerenti con i redditi dichiarati. Per questo motivo è opportuno conservare sempre la documentazione che attesti la provenienza dei fondi o eventuali donazioni tra cointestatari.





