La legge tutela sempre i figli come eredi necessari: ecco quando è davvero possibile escluderli e come premiare chi ha assistito il genitore.

Quando un genitore anziano o malato affronta gli ultimi anni della propria vita, la vicinanza e l’assistenza dei figli assumono un valore enorme, non solo affettivo ma anche umano. È comprensibile che molti si chiedano se, al momento della successione, sia possibile premiare chi si è preso cura di loro e, al contrario, escludere chi si è disinteressato completamente. L’idea di “fare giustizia” attraverso il testamento, però, si scontra con regole precise previste dal nostro ordinamento.

Sulla successione ereditaria infatti, non si può agire liberamente senza limiti. Esistono norme che tutelano determinati familiari – chiamati “eredi necessari” o “legittimari” – ai quali spetta comunque una parte del patrimonio, indipendentemente dalla volontà del defunto. I figli rientrano sempre in questa categoria, e la loro tutela è così forte che anche un comportamento di totale disinteresse verso il genitore non basta, di per sé, a escluderli.

Molti credono che basti un testamento per lasciare tutto il patrimonio soltanto ai figli “meritevoli”. In realtà, la legge italiana ammette la diseredazione di un erede necessario solo in casi ben precisi e gravi, previsti dal Codice Civile, che rientrano nella cosiddetta “indegnità a succedere”. Ma non assistere un genitore, per quanto moralmente discutibile, non rientra tra questi casi.

Cosa prevede la legge sull’indegnità a succedere

L’articolo 463 del Codice Civile elenca i comportamenti che rendono un erede “indegno” e quindi escluso dall’eredità. Tra questi ci sono atti gravissimi come l’omicidio o il tentato omicidio del defunto, la calunnia, la falsificazione o la distruzione del testamento, oppure la decadenza dalla responsabilità genitoriale. Si tratta, quindi, di condotte penalmente rilevanti o comunque di eccezionale gravità.

Eredità legge
Cosa dice la legge sull’eredità? – diritto-lavoro

Il semplice fatto di non aver accudito un genitore anziano o malato non è previsto come causa di esclusione. Questo significa che anche il figlio che non ha mai fatto visita, non ha prestato aiuto o si è disinteressato completamente, mantiene comunque il diritto alla cosiddetta “quota di legittima”. Ogni figlio, come erede necessario, ha diritto a una parte minima dell’eredità, la legittima, che non può essere tolta. La percentuale dipende dalla presenza di altri eredi:

  • Se c’è anche il coniuge superstite, al figlio spetta almeno un terzo dell’intero patrimonio.
  • Se ci sono più figli, i due terzi vanno divisi tra loro in parti uguali.

Qualsiasi testamento che cerchi di ridurre questa quota può essere impugnato entro dieci anni dall’apertura della successione. Se non è possibile togliere la legittima a chi non ha prestato assistenza, è invece consentito aumentare la quota di chi ha aiutato. Questo è possibile grazie alla “quota disponibile”: la parte di patrimonio che non è riservata per legge agli eredi necessari e che il testatore può destinare a chi preferisce, anche a un estraneo. In questo modo, pur non penalizzando il figlio assente, si può comunque valorizzare l’impegno di chi ha assistito il genitore, assegnandogli, oltre alla legittima, anche la quota disponibile.