A partire dal 2027 si profilano nuove tappe per il pensionamento, con un innalzamento dell’età pensionabile. Ecco i cambiamenti

Un adeguamento dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita certificato dall’Istat. Il meccanismo – introdotto dalla riforma Fornero – prevede un ricalcolo biennale dei requisiti in base alla speranza di vita oltre i 65 anni. Dopo un blocco durato otto anni (ultima revisione: 2019), dal 2027 è previsto un rialzo di 2–3 mesi ogni due anni, che si somma ai ritardi già in calendario.

Questo allineamento serve a contenere la spesa previdenziale: più si vive, più a lungo si percepisce la pensione, aumentando il peso sui conti pubblici . Tuttavia, proprio questa necessità di sostenibilità rischia di spostare progressivamente l’età di uscita.

Che cosa cambierà veramente: vecchiaia vs anticipata

Le principali modalità di pensionamento riguardano la pensione di vecchiaia e quella anticipata. Ognuna presenta requisiti di età e contributivi differenti, spesso con condizioni economiche aggiuntive. Pensione di vecchiaia “standard”: 67 anni d’età + almeno 20 anni di contributi. Se si applica il sistema contributivo puro, è richiesto un montante almeno equivalente all’assegno sociale (circa €534,41 al mese). Vecchiaia contributiva pura: 71 anni e soli 5 anni di contributi. Pensione anticipata: non serve l’età, ma servono contributi per 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne . Anticipata contributiva: età minima di 64 anni + 25 anni di contributi, e un assegno minimo almeno triplo dell’assegno sociale (o 2,8x/2,6x per le donne).

Proiezione pensione
Calcola quando andrai in pensione – (diritto-lavoro.com)

Dal 2027, tutti questi criteri saranno soggetti a ritocchi automatici, sia sull’età che sui contributi, col risultato che i lavoratori nati nelle generazioni più giovani dovranno attendere sensibilmente di più prima di poter lasciare l’attività.

Basandosi sui dati Istat, Money.it ha creato diagrammi per stimare l’età media di pensionamento in funzione dell’anno di nascita. Nati tra il 1957 e il 1969: l’età resta simile all’attuale (67–68 anni), perché ormai i requisiti previsti a loro carico sono quasi già soddisfatti. Anni ’70: il pensionamento potrebbe slittare verso i 68 anni. Anni ’80: si prospetta un’uscita intorno ai 69 anni. Mentre la variante contributiva pura potrebbe richiedere addirittura più di 73 anni. Anni ’90: la vecchiaia si avvicina ai 70 anni, con possibilità di portarsi fino a 72–73 anni se non si raggiungono i requisiti economici per le opzioni alternative . Nati tra 2000 e 2010: la situazione peggiora ulteriormente: si prevede un pensionamento tra 71 anni e 4 mesi e – nel caso dell’opzione contributiva – fino a 75 anni e 8 mesi.

Nel breve termine (2025–2026) l’adeguamento è bloccato a causa degli effetti demografici residui della pandemia: l’Istat ha registrato scostamenti tali da permettere la pausa . Tuttavia, dal 2027, senza interventi legislativi ad hoc, riprenderà regolarmente il computo automatico.

Attualmente, il governo valuta varie opzioni per neutralizzare l’aumento, ma la piena sterilizzazione (oltre il biennio) implicherebbe un costo significativo per le finanze pubbliche (forse fino a 4 miliardi).