Prestiti e donazioni possono generare accertamenti fiscali. Ecco perché la data certa è essenziale per evitare che il Fisco li consideri redditi non dichiarati.
Nel panorama fiscale italiano, ogni somma che transita su un conto corrente può diventare oggetto di attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Quando si ricevono bonifici, prestiti o donazioni, è fondamentale poter dimostrare la natura reale della transazione. In mancanza di prove chiare, il rischio è che l’importo venga considerato reddito occulto e, come tale, sottoposto a tassazione e sanzioni. A fare la differenza è un dettaglio spesso sottovalutato: la data certa.
Perché la data certa è decisiva nei rapporti con il Fisco
L’Agenzia delle Entrate ha accesso a tutti i movimenti bancari, anche retroattivamente. Se durante un accertamento emergono somme in entrata non giustificate da redditi dichiarati, quelle cifre vengono presunte come redditi imponibili. Questo vale anche quando il denaro proviene da un prestito tra privati o da una donazione familiare. In assenza di documentazione valida e correttamente datata, il contribuente rischia di vedersi attribuire imposte e sanzioni su somme che, in realtà, non rappresentano un guadagno.
Il nodo centrale è la data certa, ossia la possibilità di dimostrare che un documento è stato redatto in una data verificabile e non successivamente all’inizio di un controllo fiscale. Ad esempio, se si riceve un bonifico di 20.000 euro da un amico, una semplice scrittura privata firmata non basta. Senza data certa, il Fisco può ipotizzare che il documento sia stato prodotto solo dopo l’avvio dell’accertamento, rendendo inefficace qualsiasi difesa.

Una scrittura privata che attesta un prestito, un patto familiare o una donazione tra parenti ha valore solo se accompagnata da un elemento oggettivo che blocca nel tempo la sua validità giuridica. La giurisprudenza, con diverse pronunce, tra cui un’ordinanza della Corte di Cassazione del 2023, ha stabilito che la data certa deve essere materialmente incorporata nel documento. Un dettaglio tecnico, ma determinante.
Come ottenere una data certa valida: metodi, costi e accorgimenti
Esistono diversi strumenti per attribuire data certa a un documento. Alcuni sono onerosi, altri gratuiti, ma in ogni caso è fondamentale che siano riconoscibili e verificabili in caso di verifica fiscale. Il primo metodo, il più formale, è l’atto notarile. Un contratto registrato da un notaio ha data certa per definizione, ma comporta costi elevati, tra onorari e imposte.
Più accessibile è la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate. Basta presentare una scrittura privata agli sportelli e pagarne l’imposta di registro (circa 200 euro, più 16 euro ogni quattro facciate per la marca da bollo). Anche in questo caso, il documento acquisisce data certa al momento della registrazione.
Un metodo economico ma efficace è l’invio postale con raccomandata. Spedendo il documento piegato in tre e senza busta, si ottiene un timbro postale applicato direttamente sulla carta. La Cassazione ha chiarito che solo il timbro sul documento stesso garantisce data certa, mentre un timbro su busta separata non è sufficiente. Una procedura semplice, ma da seguire alla lettera.
Chi dispone di una PEC attiva, può inviare la scrittura privata come allegato firmato digitalmente. La ricevuta di invio e quella di consegna certificano la data in modo giuridicamente valido. È una soluzione a costo zero, tracciabile e legalmente riconosciuta, ideale per prestiti tra familiari o accordi informali con amici.
Tutte queste modalità hanno un unico obiettivo: prevenire contestazioni. Senza una data certa, anche un documento firmato in buona fede perde forza. E in caso di accertamento, il peso della prova ricade sempre sul contribuente. L’Agenzia delle Entrate, in mancanza di documenti validi, presume l’imponibilità delle somme, lasciando poco spazio a chiarimenti successivi.
Nel contesto attuale, dove i controlli fiscali sono sempre più dettagliati, dimostrare l’origine lecita delle somme ricevute è essenziale. Bastano pochi passaggi, spesso gratuiti, per proteggersi da sanzioni e accertamenti, evitando che un semplice prestito tra amici diventi motivo di un contenzioso. Chi gestisce denaro tra privati, anche in ambito familiare, dovrebbe sempre prevedere una documentazione chiara e datata, perché quando il Fisco chiede spiegazioni, non basta dire la verità: bisogna poterla dimostrare.





