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Reperibilità, nessun obbligo in caso di terapie salvavita

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Reperibilità, nessun obbligo in caso di terapie salvavita

Sempre in tema di obbligo di reperibilità durante le visite fiscali, l’INPS – come vi abbiamo già detto – con la Circolare n. 95 del 2016 ha reso note le situazioni nelle quali tale obbligo viene meno per i lavoratori in malattia del settore privato. Ed infatti, non vige l’obbligo di reperibilità in caso di patologie gravi che necessitino di terapie salvavita e in caso di invalidità nella misura pari o superiore al 67%.

Ed è anche sulla reperibilità l’articolo pubblicato oggi (8.6.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Claudio Testuzza; Titolo: “Niente obbligo di reperibilità per le terapie salvavita”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

A seguito di quanto previsto dal Jobs act, l’Inps con la circolare 95/2016 pubblicata ieri ha indicato le situazioni in cui scatta l’esenzione dai periodi di reperibilità (dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19) per i lavoratori in malattia del settore privato. In base all’articolo 25 del Dlgs 151/2015 e al decreto del ministero del Lavoro dell’11 gennaio 2016, l’esenzione scatta a fronte di un’assenza connessa con patologie gravi che richiedono terapie salvavita, oppure stati patologici correlati a situazioni di invalidità riconosciuta in misura pari o superiore al 67 per cento.

Tuttavia, poiché la norma fornisce una previsione astratta delle situazioni di esonero senza dettagliare le concrete fattispecie, l’Inps, con il concerto dei ministeri della Salute e del Lavoro, ha specificato il campo di applicazione, indicando delle vere e proprie linee guida, indirizzate in particolare ai medici certificanti, contenenti indicazioni sulle varie tipologie riferibili a «terapie salvavita» e al termine «invalidità».

Un primo concetto necessario per individuare le condizioni cliniche rientranti nell’esenzione è quello di una corretta definizione della gravità della patologia riscontrata e della sua correlata conseguenza terapeutica di intervento «salvavita». Le situazioni definite gravi si concretizzano in un considerevole disordine funzionale, in grado di coinvolgere sensibilmente e in modo severo la funzione dell’organo o apparato (si veda l’elenco).

Pertanto l’Inps indica che è necessario valutare, nella certificazione di malattia, la sua natura clinica, l’entità della disfunzione che essa crea, il suo concretizzarsi in modo acuto, la sua storia naturale. In pratica quello che si è voluto tutelare, esonerando dalla reperibilità, è la «straordinarietà» dell’episodio morboso – isolato o anche iscritto in un eventuale decorso cronico – per cui è l’evento intrinsecamente «drammatico» a costituire la situazione da cui scaturisce l’esonerabilità. Di conseguenza i due requisiti, gravità della patologia e necessità del ricorso a terapie salvavita devono coesistere e vanno valutati contestualmente. Per terapia salvavita si dovrà, quindi, solamente intendere quella che consente di salvare la vita al paziente ovvero quelle cure «indispensabili a tenere in vita» la persona.

Per quanto attiene, poi, l’invalidità, l’Inps sottolinea che si potrà procedere all’esclusione dalla reperibilità solo se il quadro morboso è connesso a patologie che devono aver determinato una riduzione della capacità lavorativa nella misura pari o superiore al 67 per cento in base alle tabelle ministeriali fissate dal Dm 5 febbraio 1992 e contenute nell’allegato 2 alla circolare.

Infine la circolare ricorda che i medici del servizio sanitario nazionale o convenzionati, che redigono i certificati di malattia, agiscono in qualità di pubblici ufficiali e sono tenuti, pertanto, ad attestare la veridicità dei fatti nonché delle dichiarazioni ricevute senza ometterle né alterarle, pena responsabilità amministrative e penali. Rimane, peraltro, confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità prognostica ivi espressa.

LE LINEE GUIDA

Situazioni patologiche che esonerano dalla reperibilità

 

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