Ecco quali sono i tempi reali per le modifiche alla pratica 104 e cosa puoi fare quando l’INPS ritarda la risposta.
Quando una persona vive con una disabilità o una patologia che compromette in modo significativo la propria autonomia, è fondamentale intraprendere la procedura legata alla Legge 104 e all’ invalidità civile. In questo modo ci si assicura di ottenere tutti quei diritti che incidono sulla quotidianità, sul reddito, sul lavoro e sulle possibilità di assistenza.
Tuttavia, chi ha già affrontato l’iter almeno una volta sa bene che ottenere risposte dall’INPS non sempre è semplice e i tempi possono prolungarsi oltre il previsto.
Molti cittadini, dopo aver ottenuto un primo riconoscimento, si trovano nella necessità di aggiornare o modificare la propria pratica.
Succede quando una patologia peggiora, quando le condizioni cambiano o quando si ha diritto a benefici aggiuntivi non riconosciuti in precedenza. La domanda è sempre la stessa: quanto bisogna aspettare per avere una risposta? E soprattutto: cosa si può fare quando i tempi si allungano troppo?
La realtà dei fatti: perché i ritardi sono così frequenti
Le tre figure di questo percorso sono il cittadino, l’ASL e l’INPS. Ognuno ha un ruolo preciso e, almeno sulla carta, esistono tempi massimi entro cui ogni fase dovrebbe concludersi. Il problema è che la teoria spesso si scontra con la realtà: visite fissate in ritardo, verbali che non arrivano, richieste di aggravamento ferme per mesi. Ed è proprio qui che si crea il maggior numero di incertezze.

Per comprendere la situazione, bisogna partire dalle tempistiche “ufficiali”. La procedura per ottenere il riconoscimento dell’invalidità civile o la revisione per aggravamento dovrebbe chiudersi entro 120 giorni dalla presentazione della domanda. Questo limite non è casuale: è indicato in diverse circolari INPS che stabiliscono i tempi massimi per evitare ritardi eccessivi.
In pratica, la visita medico-legale presso l’ASL dovrebbe essere fissata entro 30 giorni dalla richiesta, 15 giorni per i pazienti oncologici. Una volta effettuata la visita, l’INPS dovrebbe rilasciare il verbale con la percentuale di invalidità entro 60 giorni. Chi vuole fare ricorso, invece, ha 180 giorni di tempo dalla ricezione del verbale. Nonostante le regole, nella maggior parte dei casi i tempi vengono superati di molto. C’è chi aspetta 200 giorni, chi anche 14 mesi solo per la convocazione a visita.
Le cause possono essere diverse: carenza di personale nelle ASL, sovraccarico di richieste, patologie complesse che richiedono valutazioni più approfondite e ritardi nei passaggi tecnici tra ASL e INPS. Per le domande di aggravamento, i ritardi tendono addirittura a raddoppiare rispetto alle richieste iniziali, perché le commissioni devono rivalutare condizioni già riconosciute in passat
Se i tempi indicati dalla legge vengono superati, il cittadino non è obbligato ad aspettare passivamente. Ci sono diverse strade percorribili:
1. Inviare un sollecito formale all’INPS o all’ASL tramite PEC o raccomandata, ricordando il termine dei 120 giorni.
2. Chiedere assistenza a un Patronato, che può seguire la pratica passo passo.
3. Coinvolgere un’associazione per i diritti delle persone con disabilità, spesso esperta nel far valere le tempistiche.
4. Rivolgersi al giudice, qualora siano passati 120 giorni senza alcuna risposta. In questo caso è possibile chiedere non solo il riconoscimento dell’aggravamento o della nuova invalidità, ma anche un eventuale risarcimento per il ritardo subito.
Prevedere con precisione quando arriverà la risposta dell’INPS è quasi impossibile, perché ogni caso segue un percorso diverso. Tuttavia, conoscere i tempi massimi e sapere come intervenire in caso di ritardi permette di non rimanere bloccati.





