Nuove regole e chiarimenti legali cambiano la gestione dei libretti postali in caso di decesso di un cointestatario.
Il libretto postale è il simbolo del risparmio che da decenni accompagna la vita di molti cittadini italiani. Nonostante questo strumento di Poste Italiane negli ultimi anni sia cambiato molto, uno dei temi che continua a creare più dubbi riguarda ciò che accade quando uno dei cointestatari viene a mancare.
È un argomento delicato, perché tocca non solo aspetti legali e patrimoniali, ma anche dinamiche familiari spesso complesse. Non stupisce quindi che sempre più persone cerchino risposte chiare e aggiornate. Tra regole che si sono evolute nel tempo, prodotti sostituiti e nuove modalità di gestione, capire cosa succede davvero ai soldi depositati su un libretto non è così immediato.
In particolare, molti si chiedono se il superstite possa prelevare tutto l’importo o se sia costretto a dividere la somma con gli eredi del defunto. La questione è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione, che ha fatto chiarezza una volta per tutte.
Cosa succede dopo il decesso di un cointestatario
Prima di arrivare al cuore della vicenda, è utile ricordare come funzionano oggi i libretti postali. I prodotti tradizionali sono stati gradualmente sostituiti dal libretto Smart, più moderno e gestibile anche online. Questo tipo di libretto può essere cointestato fino a quattro persone, tutte maggiorenni, e permette—se attivata la firma disgiunta—di operare in piena autonomia. Chi agisce, però, deve avere con sé il libretto fisico o la carta collegata: essere cointestatari non basta per prelevare.

La domanda è diretta: il superstite può prendere tutto? La Corte di Cassazione ha risposto con un orientamento chiaro: il cointestatario superstite ha diritto ad almeno il 50% del saldo del libretto, anche se un erede si oppone. Poste, quindi, non può rifiutare il rimborso solo perché un familiare del defunto non è d’accordo.
Questa regola deriva da una normativa che dal 2002 ha eliminato la possibilità per gli eredi di bloccare i prelievi in modo semplice o informale. Oggi, per impedire il pagamento, serve un provvedimento ufficiale del giudice. Una semplice comunicazione o un’opposizione verbale non hanno alcun valore. In altre parole, finché non arriva un ordine formale, Poste deve procedere con il rimborso della quota spettante al superstite.
La recente ordinanza della Cassazione è nata da una controversia in cui un cointestatario si era visto rifiutare da Poste il rimborso della metà del saldo, perché un coerede aveva presentato opposizione. Poste sosteneva che, trattandosi di un libretto originariamente aperto negli anni Novanta, valessero le vecchie regole, che davano agli eredi il potere di bloccare tutto fino alla conclusione della successione.
La Corte ha però ribaltato l’impostazione: il libretto, sostituito più volte nel tempo, andava considerato come un rapporto nuovo e quindi sottoposto alle norme moderne, molto più favorevoli per il cointestatario superstite. Quindi in sostanza il denaro depositato appartiene a tutti i cointestatari, la morte di uno di loro non scioglie questa comunione, gli eredi subentrano nei diritti del defunto, ma non possono impedire al superstite di prelevare la sua quota e il superstite, però, deve poi riconoscere agli eredi ciò che spetta loro.





