Quando termina, davvero, il mantenimento del figlio maggiorenne? Lo ha chiarito di recente la Cassazione.
Negli studi legali è diventata quasi una scena ricorrente: genitori stanchi, a volte perfino frustrati, che chiedono se sia possibile chiudere definitivamente il “rubinetto” del mantenimento nei confronti di un figlio ormai adulto, spesso ultra trentenne, che non lavora e non sembra intenzionato a cambiare rotta.
In Italia, dove una larga parte dei giovani tra i 25 e i 34 anni continua a vivere sotto lo stesso tetto dei genitori, il tema non è solo giuridico ma anche culturale. E proprio per porre dei paletti chiari, la Corte di Cassazione, con varie pronunce del 2025, ha rimarcato un concetto decisivo.
Mantenimento dei figli: una sentenza della Cassazione cambia tutto, come funzionerà
Secondo i Giudici, l’obbligo dei genitori cessa quando il figlio, pur avendo le condizioni per costruire un proprio percorso professionale o completare gli studi con serietà, resta fermo o rifiuta le opportunità che gli vengono offerte.

In altre parole, il mantenimento non può trasformarsi in un’alternativa comoda all’impegno e alla responsabilità. L’art. 315-bis c.c. non lega il mantenimento alla maggiore età, ma al raggiungimento di una indipendenza economica reale, fondata su un reddito adeguato e stabile.
La Cassazione, nel 2025, ha ribadito che il diritto al mantenimento svanisce quando il figlio maggiorenne, pur essendo nelle condizioni di costruirsi un’occupazione, non si attiva, rimanda, o rifiuta opportunità lavorative idonee.
Non basta quindi dichiararsi disoccupato: serve dimostrare di essere impegnati in modo concreto e coerente con il proprio percorso. La giurisprudenza distingue sempre più nettamente tra:
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Il figlio in formazione, che sta completando un percorso plausibile e seriamente finalizzato all’ingresso nel mondo del lavoro.
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Il figlio “eternamente studente” o lavoratore discontinuo, che utilizza corsi marginali, stage non retribuiti o occupazioni saltuarie come escamotage per restare a carico della famiglia.
In quest’ultimo caso, l’obbligo genitoriale si interrompe. La mancanza di autonomia non deriva dal mercato del lavoro, ma dalla scelta (o non-scelta) del figlio stesso. Allo stesso tempo, la Cassazione ha precisato che l’obbligo di mantenimento continua pienamente quando la mancanza di indipendenza dipende da condizioni non imputabili al figlio, come problemi di salute, disabilità o impedimenti oggettivi.
Quando il figlio ha raggiunto l’autonomia economica oppure non la ricerca in modo serio, il genitore può chiedere al giudice di modificare l’obbligo di mantenimento. La procedura segue l’art. 473-bis c.p.c. ed è necessario l’intervento di un Avvocato.
Le decisioni della Cassazione confermano un orientamento ormai chiaro: essere maggiorenni significa essere chiamati a costruire la propria autonomia, senza adagiarsi sulla disponibilità economica dei genitori.





