Tra i diritti per disabili, l’indennità di accompagnamento è uno dei principali strumenti di sostegno economico. Ecco la svolta

La misura dell‘indennità di accompagnamento è rivolta a chi si trova in una condizione di totale non autosufficienza, questa indennità non dipende dall’età né dalle condizioni economiche del richiedente. Recentemente, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che potrebbe semplificare notevolmente l’accesso a questo importante beneficio, sancendo che la “supervisione continua” nel cammino è equivalente alla necessità di aiuto fisico.

L’indennità di accompagnamento è un beneficio economico che spetta a chi ha una grave disabilità fisica o psichica, con l’unico requisito di una condizione di non autosufficienza. Questo contributo mensile, che dal 1° gennaio 2025 ammonta a 542,02 euro (rispetto ai precedenti 531,76 euro), è assegnato senza tener conto dei redditi del disabile, rendendolo uno degli strumenti di sostegno più diretti per chi vive situazioni di grave difficoltà.

Per poter beneficiare dell’indennità, sono necessari alcuni requisiti stabiliti dalla Legge 18 del 1980, tra cui la cittadinanza italiana o il permesso di soggiorno per gli stranieri, la residenza stabile in Italia e, soprattutto, l’incapacità di deambulare senza l’aiuto continuo di un accompagnatore. Questi criteri sono intesi per identificare le persone che necessitano di assistenza non occasionale ma costante per svolgere le attività quotidiane.

La sentenza che cambia lo scenario

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 28212 del 24 ottobre 2025) ha cambiato il modo di interpretare il requisito della “deambulazione” per l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento. Fino a oggi, molti casi venivano respinti se il disabile non era ritenuto completamente incapace di camminare da solo, pur avendo bisogno di aiuto costante per evitare cadute o per spostarsi in modo sicuro.

Disabili, accompagnamento
La necessaria assistenza dai disabili – (diritto-lavoro.com)

La Cassazione ha chiarito che la “supervisione continua” nel cammino è una condizione che equivale, a tutti gli effetti, all’impossibilità di deambulare autonomamente. In altre parole, se una persona ha bisogno di assistenza costante per camminare, anche se non completamente immobile, questo rappresenta una condizione di non autosufficienza. La Corte ha sottolineato che l’assenza di autonomia nella deambulazione non è solo una questione di capacità fisica, ma anche di sicurezza, poiché il rischio di cadere deve essere considerato nella valutazione complessiva.

Per avviare la procedura di richiesta dell’indennità di accompagnamento, il primo passo è rivolgersi al proprio medico di base per ottenere un certificato medico dettagliato. Questo certificato deve attestare in modo esplicito una delle seguenti condizioni: impossibilità di deambulare autonomamente, con la necessità di essere assistiti per camminare; necessità di assistenza continua per compiere le normali attività quotidiane, come vestirsi, mangiare e lavarsi.

Il certificato deve essere il più preciso possibile, evitando formulazioni vaghe che potrebbero compromettere l’esito della domanda. Una volta ottenuto il certificato medico, la domanda per l’indennità va presentata telematicamente tramite il portale dell’INPS o attraverso enti di patronato.

Dopo la presentazione della domanda, l’INPS invierà il richiedente alla Commissione Medica Legale, che procederà con una visita per valutare la condizione di non autosufficienza. La Commissione non deve esprimere giudizi sulla durata della disabilità, ma solo verificare la gravità della condizione attuale. Il certificato medico rilasciato dal medico di base ha una validità di 90 giorni e il costo, che varia tra 50 e 100 euro, dipende dal medico e dalla zona.

La Cassazione ha messo in evidenza che, oltre alla documentazione sanitaria, è fondamentale che i disabili, o i loro tutori, sappiano come presentare correttamente la domanda per evitare rallentamenti o rigetti, spesso dovuti a errori nella formulazione del certificato medico.