Quando una coppia senza figli affronta una successione, le regole non sono sempre scontate: conoscere la legge e pianificare in anticipo può evitare tensioni e lunghe cause tra eredi

Quando si passa a miglior vita, rimangono gli affetti e i beni materiali. Questi ultimi quando ci sono, per logica e per legge, passano agli eredi. Ma cosa succede quando una coppia sposata non ha figli? Il tema dell’eredità può trasformarsi in un terreno scivoloso. Chi eredita? Il coniuge rimasto in vita, i genitori del defunto, oppure i fratelli? È una domanda che molti si pongono, spesso senza una risposta chiara fino al momento del bisogno — quando però può essere troppo tardi per evitare contenziosi o malintesi.

In Italia, il diritto successorio è regolato da norme precise, ma non sempre intuitive per chi non è del mestiere. La morte di un coniuge senza discendenti diretti apre infatti scenari diversi a seconda della presenza di altri parenti e del regime patrimoniale adottato dalla coppia. Conoscere queste regole non serve solo a evitare discussioni familiari, ma anche a pianificare in anticipo, tutelando il partner superstite e garantendo una gestione serena del patrimonio.

Negli ultimi anni, sempre più coppie senza figli si sono trovate ad affrontare questo tema, anche per effetto dell’aumento di seconde nozze e unioni tardive. Comprendere come funziona la successione in questi casi è dunque essenziale per evitare sorprese e, soprattutto, spiacevoli conflitti tra gli eredi.

Cosa prevede la legge in assenza di figli

Il Codice Civile stabilisce regole precise per l’eredità tra coniugi. Se uno dei due muore, il coniuge superstite non eredita sempre tutto: la quota a cui ha diritto varia in base ai parenti ancora in vita.

l’eredità aiuta a evitare conflitti
Conoscere la legge sull’eredità aiuta a evitare conflitti e a garantire una distribuzione serena dei beni tra gli eredi-diritto-lavoro
  • Tutta l’eredità spetta al coniuge se il defunto non lascia né genitori, né nonni, né fratelli o sorelle.
  • La metà dell’eredità va al coniuge se sono ancora in vita gli ascendenti, come i genitori o i nonni.
  • Un terzo dell’eredità spetta al coniuge quando esistono fratelli o sorelle del defunto.

Oltre a queste quote, la legge riconosce al coniuge superstite anche il diritto di abitazione sulla casa coniugale e l’usufrutto sui mobili che la arredano, se si tratta dell’abitazione principale della coppia. Si tratta di una tutela importante, pensata per evitare che il partner rimasto solo debba lasciare la casa in cui ha vissuto.

Molte coppie, pensando che “tanto andrà tutto al coniuge”, scelgono di non redigere un testamento. È un errore frequente. In assenza di disposizioni scritte, prevalgono infatti le regole della successione legittima, e ciò può lasciare il coniuge superstite con una quota ridotta del patrimonio, costringendolo a condividerlo con altri parenti.

Scrivere un testamento consente invece di stabilire in modo chiaro come distribuire i beni, pur nel rispetto della “quota di legittima” spettante agli eredi necessari. Per esempio, si può attribuire al partner una parte maggiore dei beni disponibili, oppure destinare specifici immobili o conti correnti a suo favore.

Un altro elemento da considerare è il regime patrimoniale: in caso di comunione dei beni, il coniuge superstite diventa automaticamente proprietario della metà dei beni comuni, indipendentemente dalla successione. Ciò significa che solo la metà rimanente sarà oggetto di eredità.

Pianificare la propria successione non è un atto di sfiducia, ma di responsabilità. Redigere un testamento, scegliere il regime patrimoniale più adatto e informarsi sulle proprie possibilità sono passi fondamentali per evitare battaglie legali tra parenti e assicurare stabilità economica al partner.