Confermata anche per il 2026 la misura che consente il ritiro anticipato dal lavoro, ma con regole che lasciano aperti molti interrogativi.

In Italia, parlare di pensioni è come aprire un capitolo infinito. Ogni anno si spera in una riforma che renda il sistema più equo e flessibile, ma puntualmente la discussione si arena tra promesse e proroghe. Le aspettative dei lavoratori e delle lavoratrici restano alte, soprattutto in un contesto economico dove il costo della vita cresce e gli assegni pensionistici faticano a tenere il passo con l’inflazione.

Negli ultimi mesi si è tornati a parlare con insistenza di pensione anticipata e, in particolare, della possibilità di uscire dal mondo del lavoro già a 59 anni. Una speranza che si lega alla misura nota come “Opzione Donna”, un canale speciale riservato alle lavoratrici che, pur con regole stringenti, consente di ritirarsi prima dal lavoro. Il 2026 si avvicina, e la buona notizia è che questa opportunità è stata ufficialmente confermata. Tuttavia, non ci saranno grandi cambiamenti rispetto alle regole attuali: chi sperava in una riforma profonda dovrà ancora attendere.

Il dibattito politico degli ultimi mesi aveva acceso le speranze di chi chiedeva più flessibilità in uscita, magari con nuove formule come “Quota 41” o una revisione dell’età pensionabile. Ma la Legge di Bilancio per il 2026 ha scelto la strada della continuità. Nessuna rivoluzione, dunque: le regole per andare in pensione nel 2026 restano praticamente le stesse del 2025.

Opzione Donna: confermata anche nel 2026, ma senza miglioramenti

L’unica misura effettivamente confermata e che consente di lasciare il lavoro a 59 anni è Opzione Donna, introdotta anni fa per favorire l’uscita anticipata delle lavoratrici con una carriera lunga alle spalle. Nel 2026, potranno usufruirne solo coloro che entro il 31 dicembre 2025 avranno maturato 35 anni di contributi e compiuto almeno 59 anni di età.

Opzione Donna requisiti
Quali sono i requisiti per aderire a Opzione Donna? – diritto-lavoro

Tuttavia, non si tratta di una misura universale. La platea delle beneficiarie è molto ristretta e riservata a determinate categorie di donne in situazioni particolari:

  • lavoratrici licenziate o impiegate in aziende in crisi con tavoli di crisi aperti al Ministero del Lavoro;
  • caregiver, cioè donne che assistono un familiare disabile convivente da almeno sei mesi;
  • lavoratrici invalide con un grado di invalidità pari o superiore al 74%;
  • madri di almeno due figli, per le quali resta fissata l’età minima di 59 anni.

Le donne con un solo figlio dovranno invece attendere i 60 anni, mentre chi non ha figli potrà accedere a 61 anni. Un ulteriore vincolo è la cosiddetta “finestra mobile”: anche dopo aver maturato i requisiti, bisogna attendere 12 mesi prima che l’assegno pensionistico venga effettivamente erogato.

In pratica, una lavoratrice che compie 59 anni e ha i requisiti contributivi a fine 2025  La data chiave da tenere a mente è 31 dicembre 2025, perché rappresenta il termine entro cui bisogna maturare sia l’età che i contributi necessari per accedere a “Opzione Donna” nel 2026. Dopo quella data, salvo nuovi interventi del governo, non sarà possibile fare domanda con le stesse condizioni.

La misura rimane un’ancora di salvezza per molte lavoratrici che faticano a proseguire la propria attività fino ai 67 anni richiesti dalla pensione di vecchiaia. Tuttavia, comporta anche un sacrificio economico: chi aderisce accetta che la pensione venga calcolata interamente con il sistema contributivo, quindi con un assegno più basso rispetto a quello che avrebbe percepito restando in servizio più a lungo.