Passare troppo tempo in questo modo durante la malattia può comportare il licenziamento, fai molta attenzione.
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ha riaffermato questo principio, confermando la legittimità del licenziamento di un lavoratore che aveva utilizzato i social proprio durante un periodo di assenza per malattia. Questo caso si inserisce in un quadro giurisprudenziale sempre più attento alle condotte online dei dipendenti e rappresenta un monito per chi trascura le implicazioni legali dell’uso dei social in situazioni particolari come la malattia o i permessi.
La sentenza n. 4047/2025 della Corte d’Appello di Roma ha confermato il licenziamento di un dipendente che, durante un periodo di malattia, aveva pubblicato sui social foto e video di allenamenti in palestra, attività evidentemente incompatibili con le indicazioni mediche ricevute. La giurisprudenza italiana sottolinea che il lavoratore in malattia ha l’obbligo di rispettare le prescrizioni mediche e di non adottare comportamenti che possano prolungare i tempi di guarigione. In questo contesto, un’attività social che contraddice lo stato di salute dichiarato può configurare una violazione del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, giustificando così il licenziamento.
Tuttavia, l’uso dei social deve essere valutato in relazione diretta alla violazione disciplinare contestata: non basta un’attività sui social durante l’assenza, ma deve emergere un collegamento logico e concreto con una condotta che danneggi il rapporto di fiducia o l’immagine dell’azienda. Questo principio si estende anche ai casi di permessi o congedi, purché l’incompatibilità tra l’assenza giustificata e l’uso dei social sia evidente.
Precedenti giurisprudenziali e casi simili
Il caso di Roma non è isolato. Un’altra pronuncia significativa è la sentenza n. 658/2025 del Tribunale di Napoli, che ha confermato il licenziamento di un dipendente che, dopo aver ottenuto un permesso studio basato su false dichiarazioni, aveva pubblicato immagini di una vacanza sui social. Similmente, il Tribunale di Benevento con la sentenza n. 1053/2024 aveva respinto il ricorso di un lavoratore in malattia che si era mostrato in video mentre suonava con la propria band musicale, attività incompatibile con quanto dichiarato sul proprio stato di salute.

Un’eccezione degna di nota è rappresentata da un caso spagnolo, giudicato dal Tribunal superior de justicia de Castilla y León con sentenza n. 260/2025, dove una donna licenziata per aver lavorato come influencer durante il periodo di malattia è stata invece reintegrata. In quel caso, il tribunale ha stabilito che la pubblicazione di contenuti sui social non interferiva con la malattia – un disturbo d’ansia – né comprometteva la guarigione, evidenziando come sia necessaria una valutazione accurata della natura della malattia e dell’attività svolta online.
L’uso dei social network e il vincolo fiduciario nel tempo libero
Al di là della malattia, anche durante il tempo libero l’uso dei social network deve rispettare i limiti imposti dal rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di lavoro. La pubblicazione di contenuti che ledono l’immagine aziendale o che contengono affermazioni razziste, violente o discriminatorie può comportare il licenziamento. Il rischio riguarda anche chi critica apertamente il datore di lavoro superando i limiti della correttezza e del decoro.
Un esempio emblematico è la sentenza n. 6854/2023 del Tribunale di Roma, che ha confermato il licenziamento di una commessa che si era lamentata ironicamente, ma in modo lesivo, del proprio lavoro tramite un video pubblicato su TikTok. Questo episodio sottolinea come i social network rappresentino uno spazio pubblico in cui la libertà di espressione deve conciliarsi con il rispetto della buona fede contrattuale e dell’immagine dell’azienda.
In definitiva, la giurisprudenza italiana si sta facendo sempre più rigorosa nel valutare le condotte online dei lavoratori, soprattutto in relazione a periodi di malattia o assenze. L’uso dei social non è più un territorio “libero” e deve essere gestito con consapevolezza, tenendo conto delle implicazioni legali e del rispetto del rapporto fiduciario con il datore di lavoro.





