Negli ultimi mesi, l’INPS ha avviato un’intensa attività di controllo per verificare la legittimità dei bonus erogati. Giro di vite importante
Nel mirino, in particolare, l’Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), le due principali misure che hanno preso il posto del Reddito di Cittadinanza. L’obiettivo è contrastare gli abusi e garantire che le risorse pubbliche vengano distribuite solo a chi ne ha realmente diritto.
L’allarme è scattato dopo che l’istituto ha rilevato una serie di irregolarità nelle domande ricevute, che hanno già portato al recupero di oltre 60 milioni di euro. In molti casi, infatti, i beneficiari avevano fornito informazioni false o incomplete per accedere agli aiuti. Per chi ha percepito indebitamente questi bonus, si profila ora l’obbligo di restituire integralmente le somme ricevute.
Va sottolineato che chi ha percepito i bonus in buona fede, fornendo informazioni corrette e complete, non ha nulla da temere. I controlli sono infatti finalizzati a colpire comportamenti fraudolenti e non semplici errori formali.
Controlli sempre più mirati: chi rischia di più?
L’INPS ha messo in campo strumenti più sofisticati per individuare chi ha mentito o omesso informazioni fondamentali. Grazie alla collaborazione con la Guardia di Finanza e la Corte dei Conti, i controlli vengono effettuati incrociando dati provenienti da diverse banche dati, tra cui quelle fiscali, catastali e anagrafiche.

In particolare, sotto osservazione ci sono ISEE non aggiornati o manipolati, usati per abbassare artificialmente il reddito e rientrare nei requisiti; residenze fittizie, utili a simulare un nucleo familiare diverso da quello reale; falsi certificati di invalidità o di fragilità sociale, che servono a ottenere l’Assegno di Inclusione, riservato a nuclei con minori, disabili, over 60 o soggetti svantaggiati.
Una delle frodi più frequenti riguarda proprio i certificati medici falsi, spesso datati prima del 2010 e quindi non digitalizzati. Questi documenti venivano presentati per attestare la presenza nel nucleo di un soggetto fragile, requisito indispensabile per l’accesso all’ADI.
Le famiglie che hanno dichiarato un ISEE molto basso, pur avendo proprietà o redditi nascosti, rischiano grosso. Ma anche coloro che hanno ricevuto i sussidi in presenza di documentazione contraffatta o con dichiarazioni false sono nel mirino dell’INPS.
Se dai controlli emergono irregolarità, l’INPS può chiedere la restituzione integrale dell’importo ricevuto, anche se sono passati diversi mesi dalla concessione del sussidio. Oltre alla somma percepita, il beneficiario rischia anche sanzioni amministrative o, nei casi più gravi, denunce penali per indebita percezione di erogazioni pubbliche.
La procedura prevede l’invio di una comunicazione formale, con cui l’ente spiega il motivo della revoca e indica le modalità per la restituzione. In alcuni casi, è possibile rateizzare l’importo, ma non si possono evitare le conseguenze se la frode è accertata.





