I pensionati italiani potrebbero ritrovarsi con un assegno mensile più corposo, con un aumento potenziale fino a 120 euro netti
Non si tratterebbe semplicemente della consueta rivalutazione legata all’inflazione, ma di un possibile intervento sulla struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), che andrebbe a ridurre il peso fiscale su una larga fascia di pensionati.
Ogni anno le pensioni vengono aggiornate in base al tasso di inflazione attraverso il meccanismo della perequazione. Tuttavia, il sistema attualmente in vigore prevede un adeguamento solo parziale per gli assegni più alti. In particolare, le pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo non ricevono il 100% dell’aumento, ma solo una percentuale ridotta, che scende fino al 75% per gli importi più elevati. Questo significa che, per molti pensionati, gli incrementi legati all’inflazione risultano spesso modesti.
Novità sulle pensioni
La vera novità per il 2026 potrebbe arrivare da una revisione dell’IRPEF. Il governo ha infatti ipotizzato una nuova riforma fiscale che prevede la riduzione dell’aliquota del secondo scaglione di reddito, ovvero quello compreso tra 28.000 e 50.000 euro annui. Attualmente, su questa fascia si applica un’aliquota del 35%, che potrebbe scendere al 33% a partire dal prossimo anno.

La riduzione dell’aliquota IRPEF, se approvata, avrebbe un impatto diretto sul netto percepito da molti pensionati. Per chi ha un reddito pensionistico lordo annuo pari a 50.000 euro, il risparmio fiscale potrebbe aggirarsi attorno ai 1.000-1.200 euro all’anno, equivalenti a circa 100 euro netti in più al mese. Per redditi ancora più alti, vicini ai 60.000 euro annui, il beneficio mensile netto potrebbe raggiungere e superare i 120 euro.
I principali beneficiari di questa misura sarebbero i pensionati con redditi lordi annui compresi tra i 28.000 e i 60.000 euro, ovvero coloro che oggi pagano l’aliquota del 35% su una parte del loro reddito. In questa fascia si colloca una buona parte dei pensionati del ceto medio, molti dei quali hanno versato contributi per decenni e ora si ritrovano con assegni mediamente elevati.
Chi, invece, percepisce pensioni più basse – inferiori a 28.000 euro annui – non trarrebbe vantaggio da questa modifica dell’IRPEF, poiché già oggi è tassato con l’aliquota più bassa, pari al 23%. Per queste persone, l’unico incremento atteso nel 2026 rimane quello derivante dalla perequazione.
Al momento, il taglio dell’IRPEF non è ancora una certezza. Si tratta di un’ipotesi che il governo sta valutando per inserirla nella Legge di Bilancio 2026. Tuttavia, la misura richiederebbe risorse ingenti – si stima intorno ai 5 miliardi di euro – e il suo finanziamento potrebbe dipendere in parte anche da un potenziamento della lotta all’evasione fiscale.





