NASpI 2025, stop ai 30 giorni di attesa: il datore può ritardarti di quasi un mese, occhio a ciò che firmi.
Sedersi al tavolo con l’azienda potrebbe diventare più delicato di quanto si pensi. Perché nel 2025 le regole della NASpI si sono incrinate, e chi spera nell’indennità di disoccupazione dovrà fare i conti con ritardi pesanti se il licenziamento scatta in seguito a una contestazione disciplinare.
Una novità che cambia le carte in tavola, soprattutto se si cerca di ingranare in fretta un nuovo lavoro. Infatti, per chi subisce un licenziamento per giusta causa, l’indennizzo NASpI non partirà più dopo i canonici otto giorni, ma slitterà fino a 38 giorni. Non è un dettaglio.
NaSpI: ecco a cosa devi fare attenzione per non perdere giorni
È un vero e proprio allungamento che trasforma l’eventuale momento di difficoltà in una fase ancora più pesante sotto il profilo finanziario. Senza ombra di dubbio, la misura impatta direttamente sulle tasche di chi perde il lavoro e non ha un immediato progetto professionale. Invece di contare su un sostegno rapido e sostanziale, si ritrova a fare i conti con oltre un mese di attesa: un gap che può compromettere le spese quotidiane, le bollette, l’affitto. Letteralmente, qualcosa che pesa come un macigno.
Ma c’è ancora un aspetto ancor più delicato. Perché dietro l’operazione non c’è solo una stretta tecnica: c’è anche il rischio di pressioni subdole. Alcuni datori di lavoro, infatti, suggeriscono ai dipendenti di accettare soluzioni consensuali che “apparino” come licenziamenti disciplinari. Una scorciatoia che nella sostanza allunga la pausa senza denaro e mette chiunque in una condizione di vulnerabilità. Però sembra comodo: nessuna lettera formale, nessun conflitto, tutto “pacificamente” concordato. Un’illusione costosa, visto che aumenta il tempo di silenzio economico.

Anche le regole sulle assenze non sono al riparo. Se il lavoratore si assenta senza giustificazioni per più di cinque o quindici giorni (a seconda del contratto collettivo), il datore può avviare la procedura di dimissione automatica. Il risultato? Sempre lo stesso: niente NASpI, come se ti fossi dimesso da solo .
La Legge di Bilancio 2025 ha, inoltre, introdotto un altro requisito: dopo una dimissione, per poter godere nuovamente dell’indennità, è necessario maturare almeno 13 settimane di contributi nel nuovo ruolo. In pratica, se cambi lavoro e vieni licenziato prima di tre mesi, resti a secco.
Una norma nata per evitare finte assunzioni generate per ottenere prestazioni, ma rischia di colpire anche chi cambia davvero per ragioni legittime.
Il quadro è quindi cambiato. Chi affronta un cambio di lavoro o una rottura con l’azienda deve pianificare in modo diverso. Non basta più guardare al numero in busta paga, serve una strategia che tenga conto dei ritardi nei pagamenti, dei rischi legati alle procedure e delle nuove soglie contributive post-dimissioni. Informarsi, leggere bene prima di firmare, valutare con attenzione le comunicazioni aziendali: saranno queste azioni, nel 2025, a fare la differenza tra una caduta gestibile e una crisi finanziaria improvvisa.
In conclusione, NASpI resta un sostegno importante, ma quest’anno arriva con tanti vincoli nuovi. Lavoratori e aziende non possono più trattare la disoccupazione alla leggera. Perché un giorno, magari, la differenza tra 8 e 38 giorni di attesa potrà cambiare tutto.





