Bonus prima casa: la decisione della Corte di Cassazione segna un punto di svolta fondamentale nell’ambito delle agevolazioni fiscali.

Fino a poco tempo fa, chiunque possedesse un immobile ad uso abitativo, anche se non realmente abitabile, era escluso dal beneficio fiscale riservato all’acquisto della prima casa. La legge prevedeva che, per accedere a questi vantaggi, come l’imposta di registro ridotta al 2% o l’IVA agevolata al 4%, l’acquirente dovesse dichiarare di non essere già proprietario di un’altra abitazione nel medesimo Comune.

Tuttavia, questa regola veniva applicata in modo estremamente rigido, senza considerare l’effettiva condizione dell’immobile posseduto. Spesso si trattava di piccole unità immobiliari ereditate, monolocali di pochi metri quadrati o immobili fatiscenti e privi dei requisiti minimi per l’abitabilità.

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Per il Fisco, però, questo non faceva differenza: il semplice possesso catastale di una casa escludeva completamente la possibilità di usufruire delle agevolazioni, portando a richieste di recupero imposte, sanzioni e interessi.

Bonus casa: cosa cambia nel 2026
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La stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24478 del 3 settembre 2025, aveva confermato questa linea interpretativa, ribadendo che la presenza di un altro immobile di qualsiasi tipo impediva la fruizione del bonus, senza alcuna valutazione sulla qualità o dimensione reale dell’abitazione.

L’ordinanza n. 29262 del 5 novembre 2025 rappresenta una svolta epocale. I giudici della  Corte hanno deciso di superare la visione formalistica e di introdurre un criterio più equo e realistico: la dichiarazione di non possesso di altra abitazione va letta alla luce dell’idoneità abitativa dell’immobile già in possesso.

La Cassazione chiarisce che, per valutare l’accesso al bonus prima casa, non basta considerare la classificazione catastale. Occorre invece verificare se l’immobile sia effettivamente in grado di assolvere alla funzione abitativa, secondo due parametri fondamentali:

Idoneità oggettiva: l’immobile deve possedere requisiti minimi di abitabilità, come condizioni strutturali, igienico-sanitarie e dimensioni sufficienti. Un rudere pericolante o un locale privo dei requisiti essenziali non può essere considerato una vera abitazione.

Idoneità soggettiva: anche se l’immobile è abitabile, può risultare inadeguato rispetto alle esigenze specifiche del nucleo familiare. Ad esempio, un monolocale di 25 metri quadrati non è una soluzione idonea per una famiglia numerosa.

Se l’immobile posseduto risulta inidoneo sotto almeno uno di questi profili, la dichiarazione resa dall’acquirente al momento del nuovo acquisto è considerata veritiera, e il contribuente ha diritto a usufruire delle agevolazioni fiscali.

La pronuncia trae origine da un caso concreto: una contribuente che aveva acquistato una nuova abitazione con il beneficio prima casa, pur essendo già proprietaria di un altro immobile molto piccolo e inadeguato. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato la fruizione dell’agevolazione e richiesto il recupero delle imposte con sanzioni.

La donna ha contestato questa posizione, portando la controversia fino alla Cassazione. I giudici hanno accolto le sue ragioni, evidenziando che l’immobile preesistente non era idoneo a soddisfare le esigenze abitative familiari, e pertanto non poteva precludere il diritto al bonus.

Questa decisione segna un cambiamento sostanziale nell’approccio del fisco italiano, introducendo una valutazione più flessibile e aderente alla realtà delle famiglie italiane che spesso si trovano a ereditare immobili non adeguati o troppo piccoli.