Il Governo valuta l’aumento dell’IVA per far fronte a una crisi fiscale profonda. Cosa cambierebbe per i cittadini. 

L’Inghilterra del post-Brexit e del dopo-pandemia si risveglia con conti pubblici in affanno e un’economia che, nonostante segnali sporadici di vitalità, fatica a trovare una traiettoria stabile. In questo scenario incerto, si affaccia con forza una possibilità che, fino a poche settimane fa, appariva politicamente inammissibile: l’aumento dell’IVA.

A lasciarlo intendere non è un analista esterno o un esponente dell’opposizione, ma direttamente Rachel Reeves, attuale cancelliere dello Scacchiere, l’equivalente britannico del ministro del Tesoro, durante la recente conferenza del Partito Laburista a Liverpool.

“IVA in aumento”: brutte notizie se vivi in questa zona, arriva l’annuncio-mazzata

Il segnale è chiaro, le finanze pubbliche britanniche non sono più sostenibili nei termini attuali, e ogni strada per risanarle torna sul tavolo. L’eventualità di un aumento dell’imposta sul valore aggiunto, la cosiddetta VAT, rappresenta oggi una delle leve più concrete, ma anche più rischiose.

“IVA in aumento”: brutte notizie se vivi in questa zona, arriva l’annuncio-mazzata-diritto-lavoro.com

Il dato più allarmante è quello relativo al disavanzo: per il 2025 è prevista una crescita del deficit al 5,3%, in peggioramento rispetto al 4,8% dell’anno precedente. Il primo anno pieno di governo laburista, dunque, non ha prodotto l’effetto di stabilizzazione che molti elettori avevano auspicato.

Al contrario, il deterioramento dei conti avviene in un contesto di inflazione nuovamente in risalita, che rende ancora più difficile la gestione del bilancio statale e grava sulle famiglie britanniche. Nel frattempo, anche i mercati mostrano segni di inquietudine.

I rendimenti dei titoli di Stato, i Gilt, stanno aumentando in modo marcato: il decennale è passato dal 4,10% al 4,60%, mentre il trentennale ha toccato punte che non si vedevano dal 1998.

Un segnale inequivocabile di sfiducia crescente da parte degli investitori, preoccupati dalla capacità del Regno Unito di riportare i conti sotto controllo senza sacrifici impopolari.

L’IVA nel Regno Unito è oggi fissata al 20% per la maggior parte dei beni e servizi, con aliquote ridotte, al 5% o allo 0%, su categorie sensibili come farmaci, libri, giornali o prodotti per l’infanzia.

L’ipotesi di un suo ritocco verso l’alto, anche se marginale, impatterebbe in modo diretto sui consumi. Rachel Reeves ha evitato di annunciare misure precise, ma ha smesso di escludere categoricamente l’opzione, segnando una netta discontinuità rispetto alle posizioni espresse nei primi mesi di governo.

In un’epoca in cui la fiducia politica è fragile e i partiti anti-sistema guadagnano terreno, ogni scelta fiscale è più di una decisione tecnica: è un messaggio, un’identità, una scommessa sul futuro.