Se non dichiari di avere un conto estero, ecco in cosa potresti incorrere. Tutto ciò che devi sapere in proposito
Oggi un conto corrente non rappresenta più solamente un deposito sicuro per il nostro denaro. È diventato uno strumento essenziale per vivere, lavorare, investire, perfino viaggiare.
Paghiamo un caffè con lo smartphone, saldiamo un conto in un batter d’occhio, acquistiamo un volo in pochi click. Il denaro, ormai, si muove con una rapidità e una facilità mai viste prima, e i conti correnti sono il cuore pulsante di questa nuova era digitale.
Mentre tutto sembra diventare più fluido, più veloce, più accessibile, cresce anche un fenomeno parallelo: sempre più persone decidono di aprire conti correnti all’estero. A volte per convenienza, a volte per privacy, altre volte per motivi legati a lavoro, studio o semplicemente per sfruttare servizi bancari più agili, meno costosi, o meglio strutturati per chi opera in valuta estera.
C’è chi, lavorando da remoto per aziende internazionali, ha preferito una banca online tedesca per evitare costi di conversione. C’è chi, vivendo per lunghi periodi tra Spagna e Italia, ha trovato più pratico avere un IBAN locale. Altri ancora hanno scelto di appoggiarsi a istituti digitali con sedi in Irlanda o Lituania, attratti da app intuitive e da un’assistenza clienti impeccabile.
Fin qui, nulla di strano. Ma il vero problema si pone quando questi conti esteri restano nell’ombra. Perché in alcuni casi, se non vengono dichiarati correttamente al fisco italiano, si rischia davvero grosso.
Conto corrente estero non dichiarato: ecco cosa si rischia con il Fisco italiano
Ormai sono davvero in tanti coloro che aprono un conto corrente estero. Spesso la procedura è rapida, interamente digitale, con IBAN pronto in pochi minuti. È facile, accessibile, e nella maggior parte dei casi perfettamente legale.

Il vero rischio, però, non sta nell’aprire quel conto. Sta nel non dichiararlo. In Italia, infatti, la normativa fiscale richiede che ogni cittadino residente dichiari tutte le attività finanziarie detenute all’estero, anche se non producono reddito. Basta la semplice disponibilità.
Ed è proprio su questo punto che molti cadono. Perché non serve essere titolari esclusivi: è sufficiente avere una delega o la possibilità di movimentare i fondi. E non importa se non si sono incassati interessi o dividendi: la sola presenza di capitali oltreconfine va segnalata nella dichiarazione dei redditi, tramite il Quadro RW. Chi non lo fa, rischia grosso. Le sanzioni possono arrivare al 15% dell’importo non dichiarato, raddoppiate se i conti si trovano in Paesi a fiscalità agevolata.
In verità, il consiglio è sempre quello di provvedere alla regolarizzazione di eventuali conti esteri. Se ci si accorge in tempo della violazione, infatti, è possibile rimediare attraverso il ravvedimento operoso. Una procedura che consente di mettersi in regola, pagando sanzioni ridotte, prima che sia l’Agenzia delle Entrate a bussare alla porta.





