Pochi lavoratori lo sanno, ma è possibile avere un extra in busta paga con il superminimo: non devi andare al Caf
Non tutti i dipendenti sanno leggere la propria busta paga e allo stesso tempo non si domandano cosa contenga, al di là dello stipendio netto. Eppure, tra le voci che compongono la retribuzione, ce ne sono alcune che possono fare la differenza — anche di qualche centinaio di euro. Una di queste è il cosiddetto “superminimo”, una somma aggiuntiva che spesso viene sottovalutata o semplicemente ignorata, ma che può rappresentare un vantaggio concreto per chi lavora.
Si tratta di una cifra extra rispetto al minimo stabilito dal contratto collettivo nazionale, che il datore di lavoro può riconoscere su base individuale. La buona notizia è che in molti casi non serve rivolgersi al Caf o a un consulente: basta sapere dove guardare, come interpretare le voci in busta paga e soprattutto cosa si è firmato al momento dell’assunzione.
Questo meccanismo, che non è né un bonus una tantum né un premio legato agli straordinari, si applica in maniera fissa e continuativa, ogni mese. Eppure, il superminimo resta una delle voci più sconosciute ma potenzialmente più vantaggiose per milioni di lavoratori. Ecco perché può cambiare lo stipendio
Cos’è il superminimo e perché può fare la differenza
Il superminimo è un importo aggiuntivo alla retribuzione base stabilita dal contratto collettivo. In pratica, se il tuo contratto prevede, ad esempio, una paga base di 1.500 euro, ma il tuo datore di lavoro ti riconosce un superminimo di 200 euro, in busta paga vedrai 1.700 euro fissi ogni mese. Non è un premio, non è uno straordinario, ma una componente regolare dello stipendio che può essere stabilita per vari motivi: mansioni svolte di livello superiore, competenze specialistiche o semplicemente una trattativa personale all’assunzione.

La cosa importante da sapere è che il superminimo non viene automaticamente inserito: deve esserci un accordo — scritto o tacito — tra lavoratore e azienda. Spesso è inserito nel contratto individuale, ma può anche derivare da decisioni aziendali o accordi collettivi. In ogni caso, è una voce che ha valore legale e, una volta concessa, diventa parte integrante della retribuzione mensile.
Uno degli aspetti più vantaggiosi del superminimo è che contribuisce a formare l’intero stipendio: rientra nel calcolo della tredicesima, della quattordicesima (se prevista), del TFR e persino dei contributi INPS. In altre parole, guadagni di più oggi e hai più tutele domani. Non si tratta quindi di una cifra simbolica, ma di un vero e proprio investimento sulla tua carriera e sul tuo futuro.
C’è però una distinzione importante da fare: il superminimo può essere assorbibile o non assorbibile. Se è assorbibile, potrebbe ridursi o annullarsi in caso di futuri aumenti salariali previsti dal contratto nazionale. Se invece è non assorbibile — e ciò deve essere specificato chiaramente — rimane fisso, anche in presenza di aumenti generali. Un dettaglio che fa la differenza tra vedere aumentare lo stipendio o restare con lo stesso netto in tasca.
In alcuni casi, anche se non è specificato per iscritto, il comportamento del datore di lavoro può confermare il diritto del lavoratore al superminimo. Se, ad esempio, negli anni sono stati applicati aumenti contrattuali senza ridurre il superminimo, si parla di “comportamento concludente”: una sorta di accettazione implicita che rende difficile eliminarlo.
Attenzione però: se il superminimo è previsto solo da un contratto aziendale, può essere modificato da un nuovo accordo collettivo. Se invece è stato concordato individualmente, il datore di lavoro non può toglierlo senza il consenso del dipendente. In ogni caso, la regola generale è che nessuna modifica può peggiorare le condizioni se queste risultano più favorevoli rispetto al nuovo contratto.





