Conto cointestato, cosa accade se uno degli ex coniugi prende dei soldi dal conto. Come tutelarsi
Quando ci si unisce in matrimonio, ci si giura amore eterno, certo, ma anche molto altro: si firma, in effetti, un vero e proprio contratto. Una delle decisioni più complesse e sottovalutate riguarda proprio il denaro. Meglio un conto cointestato, segno di fiducia assoluta e trasparenza? O è più prudente mantenere separati i patrimoni, nel rispetto dell’autonomia individuale?
Ma non tutto è bianco o nero. C’è chi sceglie una via intermedia: mantenere due conti individuali e uno comune per le spese condivise. In questo modo, si coltiva il progetto comune senza sacrificare l’identità personale.
Per quanto riguarda il conto cointestato, le domande sono davvero tantissime ed emerge sempre più chiaramente che si tratta di un argomento di cui, per la gran parte delle persone, si sa ben poco. In particolar modo, la questione si fa ancora più complicata quando i coniugi decidono di lasciarsi. Può uno dei due ex coniugi prelevare liberamente? Su questo punto si concentrano la gran parte dei dubbi, delle paure e dei fraintendimenti.
Conto cointestato: cosa accade quando uno degli ex coniugi preleva soldi
Accade più spesso di quanto si pensi: due coniugi, durante il matrimonio, aprono un conto cointestato per gestire spese comuni, figli, mutui, bollette. Poi arriva la separazione.

Il conto resta lì, aperto, come un legame sospeso che continua a esistere anche quando tutto il resto è andato in frantumi. Ma cosa succede se, nel mezzo di questo limbo, uno dei due decide di prelevare somme importanti senza avvisare l’altro? È lecito farlo? E se i soldi provengono dallo stipendio di un solo coniuge?
Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha chiarito la situazione in merito. Una madre, separata e senza reddito proprio per scelta familiare condivisa, ha attinto al conto cointestato per sostenere le spese dei figli. L’ex marito, titolare esclusivo dello stipendio versato su quel conto, le ha chiesto indietro 42mila euro.
Ma il giudice ha detto no. Secondo il parere del giudice, infatti, i prelievi sono stati legittimi. Non solo perché destinati ai figli, ma anche perché un conto cointestato presuppone, salvo prova contraria, una comproprietà del denaro. E il fatto che la moglie si occupasse della casa e dei bambini a tempo pieno non la rendeva meno parte di quella società familiare che entrambi avevano scelto di costruire.
Il tribunale ha ricordato che i doveri coniugali non evaporano con la firma sulla separazione. Finché non c’è una decisione definitiva che divida i beni o ridefinisca le responsabilità economiche, gli obblighi di assistenza e mantenimento, in particolar modo verso i figli, restano in vigore. Anche il lavoro domestico, infatti, ha un valore riconosciuto: contribuisce all’equilibrio della famiglia, al pari del reddito prodotto fuori casa. Questa sentenza, destinata a far discutere, lancia un messaggio chiaro: la cointestazione è un vero e proprio patto di fiducia, e i suoi effetti continuano anche quando l’amore finisce.





