Numerosissimi lavoratori italiani rischiano di dover pagare ulteriori somme se hanno incassato il TFR. Ecco il quadro completo
Per molti lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, ricevere il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) o il Trattamento di Fine Servizio (TFS) segna la conclusione di un percorso professionale. Spesso si pensa che, con l’incasso di queste somme, anche gli obblighi fiscali siano definitivamente conclusi.
Tuttavia, non è sempre così. Negli ultimi tempi, numerosi contribuenti si sono visti recapitare cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate, contenenti richieste di pagamento aggiuntive. Si tratta di conguagli fiscali, del tutto legittimi e previsti dalla normativa italiana, che non devono essere confusi con multe o sanzioni.
Il TFR non è considerato un normale reddito da lavoro, perché matura su più anni. Per questo motivo, la normativa fiscale – in particolare l’articolo 19 del TUIR – prevede per esso un regime fiscale separato, con ritenuta in acconto e calcolo successivo dell’imposta definitiva. Questo sistema consente di evitare una tassazione eccessiva, ma allo stesso tempo comporta un margine di aggiustamento, che può portare a una richiesta di saldo.
Il conguaglio: come funziona
Al momento dell’erogazione del TFR o del TFS, l’ente che funge da sostituto d’imposta – generalmente l’INPS – applica una ritenuta fissa pari al 23% dell’importo lordo. Questa trattenuta, però, è solo provvisoria. Infatti, la tassazione effettiva del TFR/TFS avviene in un secondo momento, attraverso il sistema dell’imposizione separata. Questo meccanismo è pensato per evitare che il pagamento di una somma cumulativa venga tassato secondo le normali aliquote IRPEF, potenzialmente più alte, e tiene conto del reddito medio del contribuente nei due anni precedenti all’incasso.

Se la media delle aliquote IRPEF relative al biennio precedente risulta più alta del 23% trattenuto inizialmente, l’Agenzia delle Entrate ha il compito di recuperare la differenza attraverso un conguaglio. Questo può avvenire anche molti mesi dopo l’effettiva liquidazione del TFR o TFS. Il contribuente riceve una comunicazione ufficiale in cui viene indicata la somma residua da versare.
Un esempio pratico: se un lavoratore ha ricevuto un TFR di 20.000 euro con una trattenuta iniziale del 23% (ovvero 4.600 euro), ma la sua aliquota media reale per il biennio considerato è del 27%, dovrà versare un’ulteriore somma di 800 euro, pari al 4% dell’importo lordo.
Non tutti i contribuenti sono ugualmente esposti a questi conguagli. In generale, il rischio di ricevere una richiesta aggiuntiva è più elevato per chi ha percepito importi elevati di TFR o TFS; per i lavoratori che hanno avuto redditi medio-alti negli anni precedenti all’incasso; per i dipendenti pubblici, che spesso ricevono il TFS con ritardo, anche a distanza di anni dalla cessazione del servizio; infine, coloro che ricevono il TFR in forma rateizzata o in tempi diversi.
Al contrario, i lavoratori che hanno ricevuto importi modesti o che hanno dichiarato redditi bassi negli anni passati, difficilmente subiranno conguagli consistenti. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate non procede alla riscossione se la differenza è inferiore a 12 euro, considerata soglia minima operativa.
Ricevere una cartella dell’Agenzia delle Entrate non significa essere in errore. La richiesta di pagamento aggiuntivo non è una sanzione, ma la regolare conclusione del processo fiscale relativo al TFR o al TFS. È quindi importante non ignorare la comunicazione, ma esaminarla con attenzione. In caso di dubbi, è sempre consigliabile rivolgersi a un CAF o a un professionista abilitato, che può verificare l’esattezza del calcolo e fornire assistenza per eventuali rateizzazioni.





