L’attenzione resta alta per monitorare eventuali futuri adeguamenti normativi e garantire un sistema previdenziale più equo e sostenibile.

L’attenzione sulle pensioni in Italia si concentra sempre più sulle maggiorazioni sociali, ossia quegli incrementi mensili destinati ai pensionati con redditi bassi, che possono variare in base all’età e al profilo contributivo.

Questi aumenti rappresentano un importante strumento di tutela per chi percepisce assegni previdenziali ridotti, soprattutto in un contesto in cui il passaggio al sistema contributivo puro rischia di penalizzare ulteriormente le pensioni più basse.

Le maggiorazioni sociali e i requisiti anagrafici

Il sistema previdenziale italiano prevede varie forme di incremento legate all’età per chi rispetta specifici requisiti reddituali. Le maggiorazioni sociali sono disciplinate da una normativa articolata, che ha come riferimento principale la legge n. 544/1988, integrata da successive disposizioni come le leggi n. 388/2000 e n. 448/2001.

Quest’ultima ha introdotto il cosiddetto “incremento al milione”, pensato per garantire un assegno pensionistico minimo vicino ai 740 euro mensili.

Possono beneficiare di questi aumenti sia i pensionati titolari di trattamenti diretti (vecchiaia, anticipata, invalidità) sia i superstiti che percepiscono pensioni di reversibilità. Le maggiorazioni si applicano alle pensioni erogate dall’Assicurazione generale obbligatoria e da altre gestioni previdenziali, escludendo però la Gestione Separata.

L’accesso alla maggiorazione base è previsto a partire dai 60 anni di età per chi si trova in condizioni economiche disagiate. L’incremento al milione, invece, spetta generalmente al compimento dei 70 anni, ma l’età può ridursi fino a un minimo di 65 anni per chi ha maturato almeno 25 anni di contributi, considerando una riduzione di un anno ogni cinque anni di contribuzione aggiuntiva.

Per i pensionati con inabilità riconosciuta ai sensi della legge 222/1984, l’età minima per accedere alla maggiorazione è fissata a 60 anni senza possibilità di riduzioni.

Limiti reddituali e modalità di calcolo degli importi

Un elemento fondamentale per ottenere la maggiorazione sociale è il rispetto di precisi limiti di reddito annuali, aggiornati ogni anno. Nel 2025, per i pensionati soli il reddito personale non deve superare 7.844,20 euro, cioè il valore del trattamento minimo Inps. Nel caso di pensionati coniugati, il limite complessivo di reddito della coppia non deve eccedere 14.847,04 euro, risultante dalla somma tra il trattamento minimo e l’Assegno sociale (7.844,20 + 7.002,84 euro).

Pensioni, i nuovi importi in arrivo
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Alcuni redditi, come la rendita della casa di abitazione o le pensioni di guerra, sono esclusi dal calcolo ai fini della verifica dei requisiti.

Se il reddito supera di poco la soglia, è prevista una maggiorazione parziale: l’importo dell’aumento viene ridotto proporzionalmente per mantenere il reddito complessivo entro i limiti stabiliti. Per questo motivo, la domanda per ottenere la maggiorazione deve essere corredata dalla dichiarazione dei redditi, anche presunta, per consentire all’Inps la verifica.

Importi e modalità di erogazione

Gli importi delle maggiorazioni sociali non sono soggetti a rivalutazione annuale, ma sono stabiliti dalla legge e sono esenti da Irpef. Nel 2025, l’ammontare varia in base all’età del pensionato:

  • Dai 60 ai 64 anni, l’incremento è di 25,83 euro mensili;
  • Dai 65 ai 69 anni, l’importo sale a 82,64 euro al mese;
  • Dai 70 anni in su, l’aumento raggiunge 136,44 euro mensili, ridotti a 124,44 euro se si percepisce anche la quattordicesima mensilità.

Questi importi rappresentano un sostegno concreto per milioni di pensionati in difficoltà economica, contribuendo a mitigare l’impatto della riduzione complessiva del potere d’acquisto delle pensioni più basse.