Cambia il panorama retributivo per molti lavoratori. Un aumento di stipendio che può toccare i 300 euro mensili

L’aumento in arrivo rappresenta senza dubbio una novità positiva, ma non generalizzata. L’aumento in busta paga potrà arrivare fino a 300 euro lordi al mese, che su base annua (13 mensilità) significa circa 3.900 euro lordi in più.

Questo incremento non è uguale per tutti: dipende dalle possibilità di bilancio dei singoli enti, che dovranno trovare le risorse al proprio interno. La circolare non prevede infatti finanziamenti aggiuntivi dallo Stato.

Gli aumenti per questi lavoratori

Grazie a una recente circolare della Ragioneria Generale dello Stato, è stato dato il via libera a un incremento strutturale delle buste paga per migliaia di dipendenti non dirigenti di Comuni, Province, Regioni e altri enti territoriali. Gli aumenti, che potranno arrivare fino a 300 euro lordi mensili, non saranno però destinati a tutti in modo uniforme.

Aumento salariale
Per chi sale lo stipendio? – (diritto-lavoro.com)

La misura, contenuta nella circolare n. 175706 del 27 giugno 2025, rappresenta un passaggio chiave del cosiddetto “decreto PA” e rientra in una strategia più ampia del governo per colmare il divario retributivo esistente tra lavoratori statali centrali (come quelli dei ministeri) e quelli impiegati nelle amministrazioni locali. Ma vediamo nel dettaglio chi potrà beneficiarne, quanto si potrà guadagnare in più e quali sono le condizioni per accedere a questi fondi.

I beneficiari di questa misura sono i dipendenti pubblici non dirigenti che lavorano in enti territoriali come Comuni, Regioni, Province e Città metropolitane. Restano esclusi dalla norma i dirigenti, i segretari comunali e i dipendenti degli enti pubblici non territoriali, come ad esempio le Camere di Commercio o le Università. Anche le Unioni di Comuni possono accedere agli incrementi, ma a condizione che i Comuni aderenti si impegnino a trasferire le risorse necessarie.

Il meccanismo si basa sull’aumento del cosiddetto Fondo delle risorse decentrate, ovvero quella parte della retribuzione accessoria su cui le amministrazioni locali hanno una certa autonomia. Il tetto massimo di incremento consentito è pari al 48% del monte salari 2023. Solo gli enti che oggi sono al di sotto di questa soglia potranno dunque aumentare il fondo per garantire gli aumenti ai lavoratori.

Secondo stime riportate nella circolare, circa il 90% degli enti locali italiani si troverebbe oggi al di sotto del tetto del 48% e quindi potrebbe, almeno in teoria, procedere con gli aumenti. Tuttavia, per farlo è necessario che l’ente sia in grado di sostenere l’incremento in modo strutturale, cioè anche negli anni futuri. In caso contrario, l’aumento non potrà essere concesso.

Al momento, solo una minoranza degli enti (circa 400 Comuni) ha già raggiunto quel limite, mentre la maggior parte ha margini di manovra. Questo significa che nella pratica non tutti i dipendenti riceveranno subito l’aumento, e che molto dipenderà dalla gestione finanziaria dell’ente presso cui lavorano.

Questa misura arriva in un momento strategico, in vista del rinnovo del contratto collettivo nazionale 2022-2024 per il comparto delle Funzioni locali, che coinvolge oltre 500.000 lavoratori. Il rinnovo dovrebbe già portare un aumento fisso in busta paga di circa 141 euro lordi mensili, ma con questa misura strutturale il governo punta ad andare oltre, fornendo un ulteriore incentivo economico ai lavoratori degli enti locali.