L’aria condizionate, specialmente in estate può essere un supporto fondamentale per i lavoratori, ma cosa succede se crea problemi?

Ci sono giornate in cui la soglia della tolleranza si misura in gradi, soprattutto quando la temperatura sale oltre ogni limite di resistenza. Basta davvero poco, una stanza chiusa senza aria e qualche ora di immobilità per trasformare il lavoro in un’impresa estenuante.

In estate, l’aria condizionata non è più un semplice comfort, ma un elemento essenziale per garantire ambienti salubri e sicuri per tutti i presenti. In ufficio, così come in casa, rinfrescare gli ambienti è un obbligo da cui nessuno può astenersi, non i lavoratori e nemmeno le aziende.

Una sentenza in favore della salute

Un ufficio sprovvisto di climatizzazione può rappresentare un rischio per la salute fisica e mentale dei lavoratori, che può mettere tutti in serio pericolo. Non è solo una questione di disagio o abitudini personali, si tratta di diritti fondamentali che non possono essere ignorati e che devono essere rispettati.

Aria condizionata in ufficio rotta, diventa un problema di salute
Il datore di lavoro è obbligato per legge – diritto-lavoro.com

La legge italiana, infatti, impone al datore di lavoro di tutelare il benessere dei dipendenti in ogni circostanza, sia essa legata a sicurezza o benessere. L’articolo 2087 del Codice Civile parla chiaro, è obbligo dell’imprenditore garantire condizioni lavorative adeguate, intervenendo con ogni mezzo possibile per evitare rischi legati al microclima.

Lo stesso principio è ribadito dal Testo Unico sulla Sicurezza (Dlgs 81/2008), che riconosce la temperatura, elevata o minima che sia, come fattore di rischio. Se l’aria condizionata è guasta, il datore ha il dovere di intervenire tempestivamente, valutare l’impatto sulla salute e adottare misure alternative che rendano possibile lavorare.

In caso contrario, il lavoratore può rivolgersi al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza o al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. Queste figure hanno il compito di segnalare eventuali pericoli e proporre soluzioni come l’uso di ventilatori, pause prolungate o lo spostamento temporaneo degli ambienti.

Se il problema persiste, è possibile contattare l’ASL o l’Ispettorato del Lavoro, che possono effettuare controlli e imporre interventi obbligatori ai datori di lavoro. La documentazione fotografica, le segnalazioni scritte e le comunicazioni inviate al datore sono strumenti utili per dimostrare l’inerzia dell’azienda, in più di un caso.

La Corte di Cassazione ha affrontato casi simili in passato, ribadendo che il lavoratore ha diritto a sospendere la prestazione in presenza di pericolo grave. E, nei casi più estremi, può persino dimettersi per giusta causa, senza perdere il diritto alla retribuzione o incorrere in sanzioni di sorta.

La temperatura da mantenere, secondo il DPR 74/2013, non dovrebbe scendere sotto i 26 gradi, salvo una tolleranza minima dimostrata dai lavoratori stessi. Anche l’OMS, allo stesso modo, raccomanda di evitare forti sbalzi termici tra interno ed esterno, per non sottoporre il corpo a stress elevato.