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I lavoratori devono stare molto attenti anche a come si comportano fuori dall’orario di lavoro se non vogliono essere licenziati per giusta causa.

Il dipendente deve prestare la sua opera per il numero di ore stabilito dal contratto stipulato con l’azienda datrice di lavoro. Ma questo non significa che fuori dall’orario di lavoro il prestatore d’opera possa comportarsi come vuole senza alcuna conseguenza per il mantenimento del posto.

Il lavoratore infatti deve mantenersi estraneo a ogni potenziale conflitto di interessi con le attività del datore di lavoro, anche al di fuori del normale orario lavorativo. In caso contrario può legittimamente scattare il licenziamento per giusta causa. Il codice civile prevede anche obblighi di lealtà, diligenza e fedeltà che dovrebbero sempre ispirare il dipendente. 

Comportarsi in questo modo fuori dall’orario lavorativo fa scattare il licenziamento per giusta causa

In altre parole – come ribadito da una recente ordinanza della Cassazione – il lavoratore subordinato deve comportarsi sempre in maniera trasparente nei confronti del datore di lavoro. Anche al di fuori dell’orario di lavoro non può dunque lasciarsi andare a gesti o comportamenti in contrasto con gli interessi dell’azienda o, peggio ancora, nocivi per gli obiettivi della sua ditta. 

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Così i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso di un dipendente licenziato da RFI perché coinvolto in attività economiche concorrenziali nel campo della cantieristica navale. Il dipendente licenziato era attivo con una sua attività imprenditoriale parzialmente in concorrenza con quella dell’azienda datrice e soprattutto operava a sua insaputa, senza autorizzazione da parte di quest’ultima.

Rischio licenziamento per dipendente che si comporta male fuori dal lavoro
Il dipendente è tenuto a obblighi di correttezza anche fuori dall’orario di lavoro – diritto-lavoro.com

La Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare. L’uomo aveva violato il codice etico della società che imponeva ai dipendenti di chiedere l’autorizzazione aziendale per qualunque attività economica o di collaborazione con soggetti terzi. Gli ermellini hanno ricordato che l’obbligo di fedeltà del dipendente si deve combinare con la correttezza e la buona fede. 

Nel caso in questione il dipendente, pur lavorando part-time, svolgeva dei ruoli operativi e gestionali in varie società senza aver in alcun modo informato il suo datore di lavoro, in aperto contrasto con il codice etico aziendale. Il dovere di fedeltà, in sintesi, non si limita al semplice divieto di concorrenza.

Il dipendente deve anche astenersi da qualunque attività potenzialmente lesiva dell’interesse dell’azienda, così da non incrinare il rapporto di fiducia su cui si fonda ogni contratto lavorativo. Per questo motivo la sola violazione di questi obblighi di lealtà, trasparenza e fedeltà ha reso pienamente legittimo il licenziamento per giusta causa. 

A rendere ancora più grave l’omessa comunicazione di queste attività il fatto che la partecipazione del dipendente sia emersa a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di favoreggiamento verso associazione mafiosa.

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