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La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la recente ordinanza del 21 settembre 2023, n. 26997 ha stabilito che il licenziamento per superamento di periodo di comporto è considerato illegittimo nel caso in cui l’azienda abbia precedentemente rifiutato la richiesta di fruire delle ferie arretrate e, al contempo, approvato una richiesta di aspettativa non retribuita, per poi procedere a intimare il licenziamento prima che il periodo di comporto fosse stato completato.

Illegittimo il rifiuto delle ferie da parte del datore di lavoro alla scadenza del periodo di comporto
Illegittimo il rifiuto delle ferie da parte del datore di lavoro alla scadenza del periodo di comporto – Diritto-lavoro.com
Foto crediti: Pinterest

Il licenziamento di un dipendente può derivare da diverse ragioni. Una di queste è la scadenza del periodo di comporto, ovvero il superamento del numero massimo di assenze per malattia consentito. In queste circostanze, superare il limite di giorni stabilito dal contratto collettivo nazionale può comportare la perdita del posto di lavoro. Tuttavia, esiste un caso in cui il lavoratore può cercare di evitare questa spiacevole conseguenza. Di seguito esamineremo questa possibilità sulla base delle linee guida fornite dalla Corte di Cassazione.

Cos’è il periodo di comporto

Il periodo di comporto è un intervallo di tempo durante il quale un dipendente può assentarsi per malattia (oltre che per infortunio, gravidanza o puerperio) senza il rischio di perdere il proprio posto di lavoro. Questo significa che, anche se il dipendente non è in grado di lavorare, l’azienda non può licenziarlo durante questo periodo.

È importante notare che, nonostante il periodo di comporto, ci sono situazioni in cui il licenziamento è ancora possibile. Ad esempio, l’azienda potrebbe decidere di licenziare un dipendente per motivi diversi dall’assenteismo per malattia, come una ristrutturazione aziendale, una crisi grave, la chiusura dell’attività o la necessità di eliminare una specifica mansione.

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Inoltre, il licenziamento potrebbe verificarsi se il comportamento del dipendente è così grave da minare la fiducia tra il datore e il lavoratore. Questo potrebbe includere casi in cui il dipendente non rispetta le visite mediche previste durante l’assenza per malattia o presenta un certificato medico falso.

Licenziamento per superamento del periodo di comporto: modalità

Una volta che il periodo di comporto giunge al termine, il datore ha il diritto di licenziare un dipendente malato, senza necessità di fornire spiegazioni aggiuntive al di là dell’assenza stessa. Qualunque licenziamento intimato prima della scadenza del comporto è da considerarsi illegittimo, anche se l’assenza si prolunga oltre i limiti stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL). Il datore di lavoro ha, inoltre, la possibilità di consentire al dipendente di tornare al suo posto di lavoro dopo il periodo di comporto. E ciò al fine di valutare la sua capacità nello svolgere le mansioni attribuitegli precedentemente. Qualora tale “prova” non risulti soddisfacente sarà possibile procedere prontamente al licenziamento. In tale caso, è necessario inviare una lettera di licenziamento rispettando il periodo di preavviso previsto.

Prima che scada il periodo di comporto, il dipendente ha la possibilità di richiedere l’utilizzo delle sue ferie arretrate e non ancora godute. Questa opzione gli consente di modificare il motivo dell’assenza da “malattia” a “ferie”, evitando così di consumare il suo periodo di comporto. Tuttavia, è fondamentale che le ferie siano richieste e approvate prima della scadenza del comporto. Ma è possibile che l’azienda possa negare tale richiesta? La Suprema Corte fornisce una risposta nell’ordinanza del 21 settembre 2023, n. 26997, ricordando l’indirizzo di legittimità prevalente confermato tra le altre dalla Cassazione 19062/2020.

La questione

In sintesi, la questione esaminata dalla sentenza in oggetto riguarda i seguenti fatti: una dipendente è stata licenziata a causa del superamento del periodo di comporto. Inizialmente, il tribunale di primo grado ha condannato l’azienda datrice di lavoro a risarcire la dipendente per il danno biologico derivante da mobbing, annullando il licenziamento e ordinando la sua reintegrazione, insieme al pagamento delle differenze salariali relative al lavoro domenicale e festivo.

In seguito, durante il processo d’appello, la Corte ha in parte accettato le argomentazioni dell’azienda, respingendo la richiesta di risarcimento per mobbing e riducendo l’importo delle differenze salariali. La Corte ha anche esaminato il licenziamento della dipendente e lo ha giudicato illegittimo. Questo perché la dipendente aveva richiesto di utilizzare le ferie arretrate prima della scadenza del periodo di comporto e aveva anche manifestato l’intenzione di richiedere un’aspettativa non retribuita nel caso in cui non fosse stata in grado di riprendere il lavoro a causa di un’eventuale inabilità. Nonostante l’azienda avesse accettato l’aspettativa non retribuita, la Corte d’appello ha ritenuto ingiustificato il rifiuto di concedere le ferie e ha confermato l’illegittimità del licenziamento, poiché era stato notificato prima della scadenza del periodo di comporto. Avverso tale sentenza l’azienda ha presentato ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, ha confermato un principio già precedentemente stabilito: un dipendente assente per malattia ha il diritto di richiedere la fruizione delle ferie accumulate per interrompere il conteggio del periodo di comporto. Infatti, a meno che non sussistano circostanze eccezionali, l’azienda è tenuta a concedere tale richiesta. Nel caso specifico, il rifiuto dell’azienda di accogliere questa richiesta è stato giudicato ingiustificato.

Da una parte, il lavoratore assente per malattia non ha il diritto incondizionato di sostituire le ferie all’assenza per malattia al fine di interrompere il periodo di comporto. Dall’altra, il datore di lavoro, quando si trova di fronte a una richiesta di questo tipo, nell’esercitare il potere conferitogli dall’art. 2019, comma 2 del Codice civile per stabilire quando il lavoratore può usufruire delle ferie durante l’anno, è tenuto a considerare adeguatamente gli interessi del dipendente, che rischia di perdere il posto di lavoro al termine del periodo di comporto.

 

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