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Retribuzione in contanti, da 1° luglio sarà vietato per l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti

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In base alle disposizioni dell’art. 1, commi 910-914, della L. n. 205 del 2017, a partire dal prossimo 1° luglio sarà proibito pagare la retribuzione in contanti direttamente ai lavoratori, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato, fatti salvi i compensi per lavori occasionali  (v. anche la circolare n. 2 del 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro).

I datori di lavoro o i committenti, pertanto, dovranno versare ai lavoratori la retribuzione o gli eventuali anticipi esclusivamente attraverso tali sistemi:

Tuttavia la retribuzione può essere percepita in contanti soltanto nel caso in cui il pagamento avvenga presso lo sportello bancario o postale ove il datore di lavoro abbia aperto il conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento.

Il divieto di pagare in contanti la retribuzione, naturalmente, prescinde dal suo ammontare poiché la finalità di tale normativa è proprio quella di reprimere comportamenti elusivi delle norme a tutela del lavoro.

Poiché la norma in questione fa esplicito riferimento alla retribuzione, in prima battuta sembrerebbero esclusi da tale obbligo i tirocini, le borse di studio e i rapporti autonomi di natura occasionale. Sicuramente interverrà sul punto, nel prosieguo, qualche chiarimento ministeriale anche relativamente alla possibilità di continuare a versare in contanti eventuali anticipi di cassa per sostenere, ad esempio, le spese relative all’attività lavorativa (prassi di solito utilizzata dalle piccole aziende). Tuttavia appare corretto presumere che tali anticipi in contanti restino consentiti  proprio perché non costituiscono parte di retribuzione ed essendo supportati da idonea documentazione.

In vigore resta anche il divieto di effettuare trasferimenti in contanti per importi pari o superiori ai 3mila euro.

Il divieto di retribuzione in contanti, quindi, riguarderà sia i rapporti di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. (indipendentemente dalla durata o modalità di svolgimento della prestazione) che i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e qualsiasi forma di contratto di lavoro stipulati tra  le cooperative e i soci.

Sono invece esclusi da tale obbligo i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni e quelli con i domestici.

Il datore di lavoro che viola tali obblighi incorrerà in una sanzione amministrativa pecuniaria da 1000 a 5000 euro, che si andrà ad aggiungere ad eventuali altre condotte penalmente rilevanti.

La norma di cui sopra, infine, stabilisce che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

IN SINTESI

METODI DI PAGAMENTO CONSENTITI: 

RAPPORTI ESCLUSI DALL’OBBLIGO DI PAGAMENTO IN CONTANTI DELLA RETRIBUZIONE:

SANZIONI AL DATORE DI LAVORO IN CASO DI VIOLAZIONE:

Al datore di lavoro o committente che dal prossimo 1° luglio violerà il divieto di corrispondere le retribuzioni in contanti, verrà applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5mila euro;

Sarà l’Ispettorato nazionale del lavoro, attraverso la collaborazione con il sistema bancario o postale, ad effettuare accertamenti rapidi ed efficaci a scovare i trasgressori.

SITUAZIONI ESCLUSE DAL DIVIETO:

Nell’attesa di un chiarimento del Ministero, tale divieto di pagamento in contanti parrebbe non  coinvolgere:

FIRMA DELLA BUSTA PAGA:

La norma precisa, infine, che la firma del lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

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