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Precari del pubblico impiego, piano per stabilizzare le assunzioni

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Precari del pubblico impiego, piano per stabilizzare le assunzioni:

Tutti gli enti pubblici, a partire dal prossimo 1° gennaio, dovranno procedere alla stabilizzazione dei precari che – secondo una stima – sono circa 50milanella Pubblica amministrazione, ma potrebbero salire fino ad 80mila.

Ma vediamo meglio di cosa si tratta con l’articolo pubblicato oggi (11.12.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: G. Trovati; Titolo: “Corsia accelerata ai precari”) che di seguito riportiamo.

Dal 1° gennaio in tutti gli enti pubblici, nazionali e locali, partirà la corsa delle stabilizzazioni. Interesserà almeno 50mila precari “storici” della Pa, secondo stime ministeriali che potrebbero essere riviste al rialzo in corso d’opera verso quota 80mila, all’interno di una platea che al netto di scuola e forze armate conta almeno 150mila titolari di contratti flessibili. E inevitabilmente la nuova ondata contenderà il posto a chi punta a entrare dall’esterno.
Per i precari che ambiscono al contratto stabile si apre una corsia preferenziale, preparata dal piano triennale “straordinario” introdotto dalla riforma del pubblico impiego (articolo 20 del decreto legislativo 75 di quest’anno), e soprattutto dalla circolare che due settimane fa ne ha chiarito l’applicazione pratica. Nelle regole attuative, la Funzione pubblica ha allargato il più possibile le chances di stabilizzazione, agendo su tre leve: i requisiti, il budget e le procedure. Il tutto mentre il nuovo contratto degli statali, dettando la linea per tutto il pubblico impiego, rilancia la valutazione nei concorsi pubblici per i periodi di lavoro a tempo determinato di almeno 12 mesi (si veda Il Sole 24 Ore del 6 dicembre).
Basta un giorno
Sul primo aspetto, cruciale, le istruzioni ministeriali utilizzano al massimo tutti gli spazi interpretativi della normativa. Per concorrere alla stabilizzazione, ovviamente, è necessario aver maturato tre anni di anzianità negli ultimi otto, in un ambito temporale che scade il 31 dicembre prossimo. Ma per chi rispetta questo parametro generale, indicato dal decreto attuativo della delega Madia, non ci sono altri vincoli particolari. Per tentare l’opportunità del posto fisso non serve essere al lavoro oggi, e nemmeno essere stato in forze alla Pa nell’ultimo anno oppure dopo l’approvazione del decreto legislativo. L’unica condizione ulteriore è rappresentata dall’essere stati in servizio almeno un giorno dopo il 28 agosto del 2015, quando è entrata in vigore la legge delega sulla riforma della Pa di cui le nuove regole sul pubblico impiego e le stabilizzazioni sono un capitolo centrale nell’attuazione. In questo modo, la possibilità del posto fisso si apre anche a chi ha abbandonato l’amministrazione da oltre due anni, e ora può sperare di rientrarci stabilmente.
Doppio budget
Per finanziare i nuovi contratti a tempo indeterminato, gli enti potranno pescare da un budget doppio, sempre grazie alle previsioni dell’ultima circolare di Palazzo Vidoni. Le regole ordinarie distinguono infatti in due ambiti il reclutamento del personale pubblico. Per quello a tempo indeterminato la spesa massima è fissata dai vincoli al turn over, che in ogni settore della Pa limitano le assunzioni possibili a una quota dei risparmi prodotta dalle uscite dell’anno precedente: quota, va detto, che è in via di espansione in quasi tutti i comparti, con qualche novità ulteriore che potrebbe arrivare dal passaggio della legge di bilancio alla Camera per i piccoli Comuni. Per i lavori flessibili, invece, il limite è quello posto all’inizio della lunga fase delle manovre anti-crisi, che da sette anni impedisce di dedicare a collaborazioni e tempi determinati più del 50% della spesa destinata alle stesse voci nel 2009 (la regola è scritta all’articolo 9, comma 28 del decreto legge 78 del 2010). Sul punto, la circolare firmata dalla ministra Marianna Madia fa una doppia mossa: aggiorna la base di calcolo, riferendola alla media 2015-2017 invece che al vecchio 2009, e soprattutto permette di girare questi fondi alle stabilizzazioni, aggiungendoli a quelli ordinari lasciati liberi dal turn over.
La strada del part time
In questo modo, si allargano al massimo le risorse dedicate alle stabilizzazioni, in un quadro che dovrà però fare i conti anche con le altre spese aggiuntive rappresentate dai cinque miliardi lordi all’anno che serviranno a finanziare gli aumenti contrattuali. Ma per aumentare il numero di persone da far entrare in pianta stabile negli organici della Pa c’è una terza carta nelle mani dell’amministrazione. Si tratta del part time. La stabilizzazione, spiegano le norme, deve produrre posti di lavoro nelle stesse attività in cui sono, o sono stati, impegnati i precari interessati alla nuova chance. Ma le istruzioni ministeriali dicono che un contratto precario a tempo pieno si può trasformare anche in un posto stabile ma part time: offrendo un fattore di flessibilità in più alle amministrazioni, che per questa via potrebbero aumentare il numero di stabilizzazioni finanziabili a parità di risorse, ma anche un’opzione aggiuntiva al personale.

LE ISTRUZIONI PER L’USO . Scheda a cura di A. Bianco

CHE COSA PUÒ FARE L’ENTE PUBBLICO 

Per avviare la stabilizzazione dei lavoratori precari le Pa devono prevedere il ricorso a questo istituto nella programmazione delle assunzioni per il triennio 2016/2018: l’adozione di questo documento è il presupposto indispensabile per effettuare qualunque assunzione.
La decisione di dare corso alle stabilizzazioni non costituisce un obbligo per le Pa, ma una possibilità che le stesse possono usare discrezionalmente, per cui questa volontà deve essere esplicitata nella programmazione del fabbisogno.
Occorre inoltre indicare le modalità con cui si garantisce il finanziamento. In primo luogo, si possono utilizzare le capacità assunzionali ordinarie, cioè la quantità di risorse che sulla base delle previsioni legislative sono destinabili alle assunzioni a tempo indeterminato. Gli enti, in aggiunta o sostituzione, possono finanziare le stabilizzazioni diminuendo la propria spesa per le assunzioni flessibili di una quota non superiore alla relativa spesa sostenuta nel triennio 2015/2017. Occorre che le singole amministrazioni facciano attestare dai propri revisori dei conti il rispetto di questi vincoli e il non aumento della spesa complessiva che l’ente sostiene per il personale.

CHE COSA DEVE FARE IL LAVORATORE 

La presentazione di una domanda alla propria amministrazione non costituisce per la legge Madia un presupposto vincolante per la stabilizzazione, ma sicuramente in questo modo si stimolano gli enti a formalizzare una scelta.
Possono presentare tale istanza e comunque aspirare alla stabilizzazione, coloro che hanno maturato tra l’anno 2010 e il 2017 almeno tre anni di assunzione a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa con l’ente in cui si presta servizio. Tranne che per specifiche figure professionali dei comparti della sanità e della ricerca, nonché per le attività svolte presso enti interessati da processi di riordino , non si possono sommare le anzianità maturate presso più amministrazioni. Invece, possono essere stabilizzati direttamente coloro che hanno superato un concorso presso un ente diverso, ad esempio chi è stato assunto a tempo determinato scorrendo graduatorie a tempo indeterminato di altri enti. Non possono essere stabilizzati, invece, i dirigenti, i responsabili assunti ex articolo 110 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali e gli addetti agli uffici di staff degli organi politici, a qualunque titolo o con qualunque procedura siano stati assunti.

LE REGOLE PER I CONTRATTI CO.CO.CO. 

Anche i collaboratori coordinati e continuativi possono essere stabilizzati dalle Pa. La condizione essenziale è che abbiano maturato tre anni di anzianità presso lo stesso ente (tranne che per gli enti del servizio sanitario e della ricerca) nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2017 e che questa attività si sia svolta in parte dopo il 28 agosto 2015, cioè dopo l’entrata in vigore della legge 124/2015, che ricordiamo essere la norma delega sulla cui base sono state riproposte ed ampliate le possibilità di stabilizzazione dei lavoratori precari. Questa possibilità non può in alcun modo essere estesa a coloro che hanno avuto con una pubblica amministrazione altri rapporti
di lavoro autonomo,
quali le collaborazioni occasionali e gli incarichi professionali o con partita Iva.
I cococo, come anche i dipendenti a tempo determinato che non sono stati assunti con un concorso, possono essere stabilizzati attraverso un concorso e in nessun caso direttamente.
Se le amministrazioni
utilizzano come finanziamento
le risorse destinate alle assunzioni a tempo indeterminato,
devono riservare almeno
la metà ad assunzioni tramite concorsi o comunque
di soggetti esterni.

I LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI 

I lavoratori socialmente utili possono essere stabilizzati e, nel frattempo, godere di una proroga. Questa previsione interessa soprattutto le regioni dell’Italia meridionale e, in particolare, la Sicilia, una regione in cui la somma di questi lavoratori e dei precari dipendenti a tempo determinato fa una parte preponderante della platea degli stabilizzabili a livello nazionale. Nell’Isola le possibilità aperte dal Dlgs 75/2017 si sommano a quelle, per molti aspetti anticipatorie, aperte da una legge regionale entrata in vigore alla fine dello scorso anno, la 27/2016, e finora non utilizzata perché subordinata alla definizione della sorte dei dipendenti delle province siciliane.
I comuni potranno entro il 2020 e non più entro il 2018 assumere a tempo indeterminato gli Lsu (lavoratori socialmente utili) e anche la figura analoga dei Lpu (lavoratori di pubblica utilità).
A tal fine potranno utilizzare, oltre alle proprie capacità assunzionali e alle somme spese per le assunzioni flessibili, anche le risorse trasferite dalle regioni e dallo Stato per il pagamento dei compensi a questi lavoratori. Nelle more della realizzazione di questo percorso le amministrazioni locali possono prorogare questi rapporti per tutto l’anno 2018.

DOMANDE & RISPOSTE 

Possono essere stabilizzati i lavoratori somministrati?
No. Al più i lavoratori somministrati dopo avere maturato 3 anni di anzianità presso lo stesso ente possono partecipare a concorsi pubblici con un punteggio aggiuntivo per la esperienza acquisita nello stesso ente.

I dipendenti ed i collaboratori coordinati e continuativi che maturano 3 anni di anzianità nel 2018 sulla base di contratti già stipulati alla data di entrata in vigore della legge Madia possono essere stabilizzati?
No. Il dettato legislativo impone che i 3 anni di anzianità siano stati maturati solamente nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2017.

I comuni possono stabilizzare i lavoratori precari anche se non hanno rispettato nell’anno precedente il pareggio di bilancio?
Sì, il dettato legislativo prevede, ampliando così il numero delle amministrazioni locali che possono utilizzare questo istituto, che le stabilizzazioni siano consentite ai comuni che, anche per un solo anno, hanno rispettato i vincoli di finanza pubblica negli anni compresi dal 2012 al 2016.

Le amministrazioni che programmano le stabilizzazioni dei precari possono prorogare tali rapporti anche superando il tetto dei 3 anni di durata dell’assunzione?
Sì. Le amministrazioni pubbliche possono non solo prorogare, ma anche rinnovare –fornendo così una lettura assai estensiva del dettato legislativo- i contratti di assunzione a tempo determinato dei dipendenti che vengono inclusi dallo stesso ente nel percorso di stabilizzazione, anche superando in tal modo la durata massima di 36 mesi delle assunzioni flessibili.

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