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Articolo 18 Statuto Lavoratori, inammissibile il referendum

Articolo 18 Statuto Lavoratori, inammissibile il referendum

Articolo 18 Statuto Lavoratori, inammissibile il referendum:

La Corte Costituzionale, come è noto, non ha accolto la richiesta di referendum avanzata dalla CGIL e denominato “Abrogazione delle disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi”, diretto a ripristinare la reintegra nel posto di lavoro di cui all’ articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, in caso di illegittimità del licenziamento. La Corte ha invece accolto le altre due richieste di referendum, sempre avanzate dalla CGIL, su “abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti” e “abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)”.

E dei quesiti referendari relativi all’ articolo 18, voucher, e responsabilità solidale negli appalti ci parla anche l’articolo pubblicato oggi (12.1.2017) dal Sole 24 Ore (Firma: Donatella Stasio; Titolo: “Articolo 18, la Consulta boccia il quesito”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Due su tre. A non passare il vaglio della Corte costituzionale è il primo dei tre quesiti referendari proposti dalla Cgil, quello sull’ articolo 18, diretto a ripristinare la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo e ad estendere questa tutela ai dipendenti di aziende con più di 5 addetti. Semaforo verde, invece, per gli altri due, sulla cancellazione dei voucher e sulla responsabilità solidale di committente e appaltatore, sui quali si andrà a votare in una domenica compresa tra il 16 aprile e l’11 giugno, a meno che il Parlamento approvi una legge che va nella stessa direzione dei quesiti oppure venga sciolto anticipatamente: nel primo caso, il referendum sarebbe superato, nel secondo, sarebbe rinviato di un anno.

Le tre sentenze della Consulta saranno depositate nelle prossime settimane (il termine massimo è il 10 febbraio) ma a motivare il «no» al quesito sull’ articolo 18 non sarà la relatrice Silvana Sciarra – giuslavorista e allieva di Gino Giugni, eletta dal Parlamento in quota Pd – bensì il vicepresidente Giorgio Lattanzi: un passo indietro inevitabile, quello di Sciarra, in coerenza con la sua posizione favorevole all’ammissibilità, sulla base di numerosi precedenti giurisprudenziali, che però è rimasta in minoranza. La bocciatura del quesito è stata «di stretta misura», fanno sapere da Palazzo della Consulta, quindi 7 a 6 (qualcuno dice 8 a 5) visto che il collegio era incompleto per indisposizione fisica di Alessandro Criscuolo e per le dimissioni di Giuseppe Frigo (proprio ieri il Parlamento si è riunito in seduta comune per eleggere un sostituto, ma è finita con una fumata nera).

Solo leggendo le motivazioni si conoscerà il ragionamento che ha portato alla bocciatura del referendum più delicato politicamente per le sue possibili ricadute sulla legislatura, e sul quale, nel giorni scorsi, la Corte è stata oggetto di svariate pressioni, pro e contro l’ammissibilità. Stando alle indiscrezioni trapelate, non sarà una sentenza semplice da scrivere, soprattutto se si cercherà di mantenerla nel solco dei precedenti giurisprudenziali, l’ultimo dei quali (sentenza n. 41 del 2003) sembrava confermare l’ammissibilità di quesiti manipolativi, entro certi limiti. Una manipolatività che, evidentemente, ieri la Corte ha ritenuto “non sostenibile” con riferimento al quesito sull’articolo 18 in quanto, mediante la tecnica del ritaglio di singole parole, si introdurrebbe di fatto una disciplina «completamente diversa» e «creata ad arte dai proponenti» (sentenza n. 36 del 1997), trasformando in “propositivo” il quesito, come tale inammissibile. Insomma, non si tratterebbe di una semplice estensione, o del riadattamento di una norma vigente nel sistema (quella che prevede la tutela reale nelle aziende con più di 5 dipendenti) ma di una vera e propria trasformazione della disciplina vigente.

Peraltro, non sarebbe questo l’unico motivo della bocciatura. Il quesito, infatti, non è stato ritenuto omogeneo ed univoco – requisiti indispensabili per la sua ammissibilità – in quanto non sorretto da una «matrice unitaria razionale». Che è poi la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del governo, anche nel corso dell’udienza di ieri. Tesi che la Consulta, a quanto pare, ha condiviso.

ARTICOLO 18

Inammissibile il quesito sui licenziamenti

La Consulta ha dichiarato «inammissibile la richiesta di referendum» sulle disposizioni «in materia di licenziamenti illegittimi». Con il referendum proposto dalla Cgil si puntava a cancellare tout court le innovazioni della riforma Renzi-Poletti, per ripristinare, per tutti i lavoratori, la sanzione del reintegro nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamenti ritenuti illegittimi, estendendo – questa sarebbe stata una novità – tale tutela reale anche alle imprese sotto i 15 dipendenti, fino, cioè, a cinque dipendenti. A oggi, dal 7 marzo 2015, per gli assunti a tempo indeterminato, nella nuova veste del contratto a tutele crescenti, in caso di recesso ingiustificato da parte del datore di lavoro, è prevista, prevalentemente, una sanzione economica che cresce con l’anzianità di servizio.

APPALTI

Sì al quesito contro limitazione a responsabilità solidale

La Consulta ha dichiarato ammissibile il referendum per l’ abrogazione delle «disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti». Nel 2012 è stata concessa alla contrattazione collettiva di derogare alla responsabilità solidale prevedendo metodi e procedure di controllo della regolarità degli appalti; in sede processuale, poi, è stato previsto l’obbligo per il lavoratore di chiamare in giudizio il suo datore e il committente, consentendo a quest’ultimo di chiedere il beneficio della preventiva escussione, in base al quale se il giudizio di merito si conclude con una condanna in solido, il lavoratore deve agire in via esecutiva prima nei confronti dell’appaltatore, e solo dopo , se risulta incapiente, verso il committente. Il quesito della Cgil punta ad abrogare tali modifiche

VOUCHER

Sì al quesito che punta a eliminare i «buoni lavoro»

La Corte costituzionale ha dichiarato «ammissibile» il referendum sulla abrogazione delle «disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)». Il quesito riguarda i «buoni lavoro» da 10 euro lordi: l’ultimo quesito della Cgil tende ad abrogarli, cancellando, così, nei fatti, tutte le regole in vigore sul lavoro accessorio (utilizzato, correttamente, anche dalla stessa Cgil). Le opposizioni chiedono da mesi all’esecutivo di cancellare lo strumento; e anche dalla minoranza dem si continua ad alzare il tiro contro questo strumento. Anche l’esecutivo a manifestato l’intenzione di revisionare lo strumento. L’obiettivo è ricondurre i voucher alla funzione per i quali erano stati disegnati, ovvero dare copertura previdenziale e assicurativa alle attività occasionali, port andole fuori dal lavoro nero.

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