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Smart working negli accordi aziendali

Smart working negli accordi aziendali

Smart working negli accordi aziendali:

In attesa che la legge sullo smart working (il DDL è all’esame del Senato) entri in vigore, alcuni accordi aziendali già regolamentano questa forma particolare di rapporto di lavoro che consente al lavoratore di svolgere la sua prestazione da remoto (da casa o da altri luoghi) pur restando l’azienda la sede principale dell’attività.

È questo l’argomento trattato dall’articolo pubblicato oggi (22.2.2016) dal Sole 24 Ore (Firma: Francesca Barbieri e Valentina Melis; Titolo: “Dalle banche all’Ict, un giorno a settimana è smart working”) che vi proponiamo.

Ecco l’articolo.

Al lavoro da casa o da altri luoghi, con l’azienda che resta la sede principale dell’attività . I vantaggi, sulla carta, sono per entrambi: il lavoratore migliora la qualità della propria vita e l’impresa risparmia grazie a un uso più efficiente degli spazi e delle strutture e a un potenziale aumento della produttività. È questo il filo rosso che lega i contratti aziendali che già disciplinano lo smart working, in attesa che il disegno di legge varato dal Governo – ora all’esame del Senato – vada a creare un quadro di regole generali, valido per tutti.

Intanto gli accordi già conclusi nelle aziende e operativi prevedono soluzioni variegate: dalla quantità delle ore di lavoro agile ai requisiti di accesso, dalle modalità organizzative a quelle di adesione e recesso.

I tempi

Sul fronte organizzativo, la maggior parte degli accordi esaminati dal Sole 24 ore del Lunedì prevede una modalità “leggera” di smart working: quasi sempre un giorno alla settimana (come in Bnl, Snam e Sanofi), l’equivalente di un quinto dell’orario di lavoro. Oppure un giorno alla settimana per chi è nel back office e due per le altre aree (come in Havas Media Group), mentre in Accenture si arriva fino a due giorni a settimana. Alcune intese prevedono un tempo più ridotto pari a due giorni al mese (Abb, L’Oreal Italia) o un tetto massimo di dieci giorni all’anno per ciascun lavoratore (General Motors Powertrain). Barilla è passata invece da 32 a 64 ore mensili, solo per alcune categorie: lavoratrici (dalla comunicazione della gravidanza fino a un anno di età del bambino), personale con una percentuale di invalidità superiore all’80%, personale che ha in corso terapie salvavita.

L’orario di lavoro corrisponde solitamente a quello seguito in ufficio, con la richiesta di rispettare i tempi di riposo e il divieto del “notturno”.

Non mancano, però, accordi più flessibili: le 40 ore di lavoro settimanali possono essere gestite da ciascun lavoratore dalle 7 alle 21 di ogni giorno per i dipendenti di Leroy Merlin (sede centrale di Rozzano) e gli addetti possono scegliere se lavorare cinque o sei giorni alla settimana. In Havas Media Group, i lavoratori coinvolti nella sperimentazione dello smart working possono decidere dove e quando lavorare in una fascia compresa tra le 7 e le 21, garantendo quattro ore di reperibilità dalle 9 alle 18.

I luoghi

In alcuni casi, come alla Star, il lavoro flessibile è cominciato nella sede aziendale, per poi eventualmente essere esteso in futuro anche ad altri ambienti. Nella sede di Milano gli spazi sono stati riorganizzati con open space destinati a diverse finalità, le postazioni non sono assegnate e ogni dipendente le libera a fine giornata (una soluzione sperimentata anche da Siemens e Banca Popolare di Milano). In Accenture, il “remote working” -attivo dal 2009 e che oggi coinvolge le sedi di Milano, Torino, Roma e Napoli – ha migliorato la logistica, arginato la necessità di nuovi edifici e ridotto del 25-30% gli spazi.

Quanto ai luoghi della prestazione, l’accordo di Intesa San Paolo pone come condizione il divieto di lavorare da luoghi pubblici, per tutelare la riservatezza dei dati e la sicurezza del lavoratore.

L’adesione del lavoratore alla sperimentazione dello smart working avviene su base volontaria, in alcuni casi è prevista una lettera di assegnazione (ad esempio Bnl) e di solito per recedere dalla scelta basta un preavviso di pochi giorni. Nel rivedere dopo 10 anni di sperimentazione la propria policy di smart working, Microsoft Italia ha eliminato lo step della richiesta/autorizzazione, come spiega il direttore delle risorse umane Pino Mercuri: «Ciascun dipendente evidenzia nel proprio calendario di Outlook in quale periodo lavorerà fuori dai locali aziendali, rendendolo visibile agli altri colleghi».

Poco appeal sulle Pmi

Il lavoro agile è però ancora un perfetto sconosciuto (o quasi) tra le Pmi: secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, a fronte del 17% di grandi società che ha avviato progetti organici in questo campo, appena il 5% tra le imprese di taglia small ha adottato iniziative strutturate. Per ora lo smart working sembra aver catturato l’interesse di aziende del settore Ict, dell’area bancaria e alcuni big della consulenza. Per Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio, «il disegno di legge sullo smart working è un buon testo ed è auspicabile che sia approvato in tempi brevi, anche se ci sono elementi sui quali si potrebbero fare passi avanti: uno di questi è il riferimento ai “soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale”, che è un po’ una contraddizione se si vuole passare alla valutazione del lavoro basata sugli obiettivi».

Ci sono anche casi in cui per lo smart working si fa rete: otto tra aziende ed enti locali della provincia di Bergamo, grazie a un bando della Asl, hanno deciso di condividere un percorso sperimentale che finora ha coinvolto mille addetti, uomini nel 69% dei casi.

LE SPERIMENTAZIONI IN ITALIA E LE REGOLE ALL’ESTERO
L’ITALIA
REQUISITI
L’individuazione dei lavoratori coinvolti nei progetti di smart working avviene secondo diversi parametri. In alcuni accordi “conta” l’anzianità di servizio (è ammesso ad esempio chi è in azienda da almeno sei mesi) o la tipologia contrattuale: alcune aziende coinvolgono sia gli assunti a tempo indeterminato sia quelli a termine, altre invece solo quelli a tempo indeterminato. Un accordo esclude esplicitamente i lavoratori part-time. Lo smart working è limitato talvolta ad alcune aree organizzative o ad alcune categorie di dipendenti (come lavoratrici madri, lavoratori invalidi o che fanno terapie salvavita)
TEMPI
Alcuni accordi precisano che la quantità di lavoro svolta in smart working non può essere prevalente rispetto a quella svolta in azienda. La maggior parte delle intese fissa un limite massimo al lavoro agile in giorni o in ore alla settimana: prevale la scelta di una giornata lavorativa a settimana ma ci sono anche formule più restrittive (due giorni al mese). In generale le giornate in smart working non sono frazionabili (solo un accordo tra quelli esaminati prevede l’equivalenza tra due giorni al mese o quattro mezze giornate). In alcuni casi è richiesta al lavoratore la reperibilità per alcune ore
RETRIBUZIONE
In generale gli accordi sullo smart working non prevedono riduzioni della retribuzione per i lavoratori che accedono a questa modalità di lavoro. Il profilo più disciplinato nelle intese è quello dei buoni pasto: in alcuni casi è confermato il riconoscimento del ticket anche per i giorni di lavoro “smart”, in altri invece è escluso. Alcuni accordi precisano che la modalità smart working non costituisce a nessun effetto prestazione in trasferta o che non dà diritto a trattamenti compensativi (missioni, pendolarismo, indennità varie). In genere è escluso il riconoscimento degli straordinari
ACCESSO E DURATA
Normalmente, l’accesso allo smart working avviene su base volontaria. In alcune intese è esplicitamente prevista la lettera di assegnazione, in altre basta l’autorizzazione concessa anche via email dal proprio supervisore. Per il recesso, in genere basta un preavviso di pochi giorni, sia da parte dell’azienda, sia da parte del lavoratore. La durata dei progetti sperimentali di smart working avviati nelle aziende varia da tre mesi a un anno. Quasi sempre alla fine della sperimentazione è prevista una valutazione degli effetti, anche con le parti sindacali. Le aziende che sono partite anni fa, sono già alla fase di aggiornamento della policy
I PRINCIPALI PAESI EUROPEI
GRAN BRETAGNA
Non esistono norme specifiche che disciplinano lo smart working in Inghilterra e Galles: è il contratto di lavoro tra dipendente e azienda a poter prevedere questa modalità di lavoro
I requisiti
Può definirsi “smart worker”: il lavoratore a domicilio, il lavoratore fuori sede, il lavoratore a distanza, che lavori esclusivamente in casa (full-time o part-time), o suddividendo la propria attività in due parti, una nei locali del datore e l’altra a casa propria. In alternativa, smart worker può essere il lavoratore mobile che usa la propria casa come base amministrativa o che lavori in luoghi ad hoc o telecottage
FRANCIA
Lo smart working “coincide” con il telelavoro, al quale è dedicata una sezione del Codice del lavoro (legge 387/2012). Alcuni contratti collettivi aziendali possono fornire condizioni per implementare il telelavoro
I requisiti
È indispensabile informare i sindacati e il comitato per la salute e la sicurezza in azienda. Serve un accordo preliminare tra il datore di lavoro e i lavoratori interessati. Inoltre, deve essere consentito a entrambe le parti di recedere con preavviso
Formazione
È prevista una disciplina specifica per i telelavoratori, incentrata sugli strumenti messi a loro disposizione
SPAGNA
La sezione 13 dello Statuto dei lavoratori regola il “lavoro a distanza” definito come la prestazione di servizi che avvenga da casa o da qualsiasi altro luogo liberamente scelto dal dipendente . Il Ccnl di categoria può contenere una disciplina integrativa
I requisiti
In base alla legge spagnola, il contratto con il quale un addetto inizia a lavorare a distanza deve essere concluso per iscritto. Una copia deve essere consegnata ai rappresentanti dei lavoratori – se presenti – e alle autorità del lavoro. Se il dipendente sta già lavorando per l’azienda, l’implementazione del telelavoro non può essere imposta unilateralmente dal datore di lavoro
OLANDA
Il 1° gennaio di quest’anno è entrato in vigore il Flexible work act, che riconosce ai lavoratori il diritto di chiedere una modifica dell’orario, dei tempi e del luogo di lavoro. La richiesta può essere rifiutata solo se ci sono comprovate ragioni
I requisiti
Il dipendente che vuole cambiare il proprio luogo di lavoro deve aver lavorato almeno 26 settimane prima della richiesta, all’interno della quale bisogna indicare il monte ore complessivo, il luogo e la distribuzione dell’orario. La domanda va presentata almeno due mesi prima rispetto alla data in cui il telelavoro dovrebbe avere inizio
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